Il 13 gennaio 2012, nelle acque dell’Isola del Giglio, la nave da crociera Costa Concordia si inabissò in una delle più belle zone del Parco delle Isole Toscane. Il tragico evento, costò la vita a 32 persone e comportò notevole impatto sull’isola. A fronte della necessità di salvaguardare l’isola e gli abitanti da ulteriori danni e di ripristinare le condizioni pregresse, la nave doveva necessariamente essere rimossa e dovevano essere garantite e ripristinate le condizioni ambientali del sito ivi compreso e non secondario il ripristino delle condizioni ambientali dei fondali.
Nel maggio 2012 viene autorizzato dalla Conferenza dei servizi il progetto di rimozione del relitto della M/N Costa Concordia. Contestualmente viene istituito l’Osservatorio di monitoraggio Concordia, quale organismo di parte pubblica preposto a verificare la corretta attuazione del progetto, adottando tutte le misure tese a ridurre il danno ambientale. A distanza di dieci anni, concluse le operazioni di rimozione del relitto (2014) e di pulitura dei fondali (2018), prosegue l’attività di restauro dei fondali avviata nel 2019 e proseguono le attività di monitoraggio sia di parte pubblica che quelle di parte privata, tutte avviate nel 2012, tutte con oneri integralmente a carico di Costa Crociere, e che continueranno fino al febbraio 2024. E’ dello scorso 6 agosto la sottoscrizione dell’Accordo Regione Toscana, ISPRA, ARPAT e Costa crociere s.p.a. nell’ambito del monitoraggio di parte pubblica, per il completamento della fase conclusiva del “Piano di Restauro Ambientale e di Monitoraggio a Lungo Termine” finalizzato al ripristino e restauro ambientale dei fondali danneggiati.
Dal 2012 Maria Sargentini, che vanta un’esperienza pluriennale nel campo della Protezione civile in Toscana, ricopre l’incarico di Presidente dell’Osservatorio di monitoraggio sulla rimozione della Costa Concordia. A lei abbiamo rivolto alcune domande.
Qual è stato il ruolo dell’Osservatorio fin dalla sua istituzione e quali risultati nel corso dell’ultimo decennio?
L’Osservatorio è stato istituito dal Commissario delegato con proprio decreto 2923 del 14/06/2012 in ottemperanza all’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 4023 del 15 maggio 2012 che all’art 2 ne prevedeva l’istituzione e le funzioni ed ha operato con continuità a partire da quella data con riferimento costante alle attività allo stesso attribuite dagli atti istitutivi. Tali atti hanno affidato all’Osservatorio di monitoraggio i compiti di:
a) verifica della corretta attuazione del progetto nel rispetto delle prescrizioni della conferenza dei servizi del 15 maggio 2012, con l’adozione di tutte le misure tese a ridurre il danno ambientale;
b) controllo sulla definizione e attuazione delle fasi progettuali per la messa in sicurezza e rimozione della nave, nonché per il ripristino ambientale dello stato dei luoghi.
E’ parte integrante delle attività di controllo di parte pubblica il piano di monitoraggio ambientale, avviato immediatamente dopo il naufragio da ISPRA e ARPAT e tutt’ora in corso. Il progetto autorizzato, è stato via via affinato, sviluppando nel dettaglio le diverse fasi di attuazione con un’analisi step by step dei possibili rischi ambientali e delle relative misure di contrasto e riduzione del danno. L’Osservatorio è intervenuto e interviene operativamente, valutando le condizioni di ‘accettabilità’ ambientale dei progetti di fase e verificando, a fine lavori, il raggiungimento degli obiettivi di restituzione di un sito “risanato”. L’obiettivo posto immediatamente dopo il naufragio è stato quello del ripristino dei luoghi, nel caso specifico dell’habitat dei fondali. Dopo la rimozione della nave, nei fondali non restava sostanzialmente niente di riconoscibile : sedimenti alieni presenti oltre l’area di cantiere e l’effetto dell’ombra dei mezzi sui sottostanti fondali avevano aumentato il danno sulla prateria di Posidonia oceanica. In tutti gli ambiti, l’attività dell’Osservatorio è stata prima di tutto una attività di ascolto, studio e confronto sui progetti, sulle metodologie e metodiche adottate al fine di garantire il migliore esito in termini ambientali di ciascuna operazione e del complesso delle attività. Fin dall’inizio si è proceduto con un continuo confronto con la società Costa, e con tutti i soggetti comunque coinvolti e interessati, né sarebbe stato possibile procedere diversamente.
Particolare rilievo ha assunto in tale ambito il rapporto con l’Università la Sapienza, che ha curato, dal 2012, il monitoraggio di parte privata producendo periodiche prospezioni dei fondali, estese ben oltre le strette aree di cantiere, e finalizzate prima ad evidenziare gli ambiti via via interessati dagli effetti delle lavorazioni, e poi, a individuare i possibili interventi di restauro e di recupero degli habitat interessati.
L’Osservatorio ha, poi, curato costantemente anche i rapporti con la popolazione dell’isola attraverso periodici meeting nei quali, insieme agli operatori ,si aggiornava sullo stato dei lavori, sulle diverse problematiche in essere, sulle soluzioni adottate o al vaglio, sui risultati raggiunti. Significativa la formazione del Piano di restauro avviato nel 2019 e tutt’ora in corso.
Contemporaneamente all’avvio delle attività di pulizia dei fondali l’Osservatorio cominciava a confrontarsi con i ricercatori e gli specialisti di ecologia marina, che hanno operato all’interno dell’Università di Roma La Sapienza e del Consorzio di Biologia Marina di Livorno (CIBM), sulle strategie, i contenuti e le procedure da adottare per il piano di recupero e ciò anche alla luce delle sperimentazioni in situ di trapianto di Posidonia, già avviate nel 2016. A seguito degli esiti delle sperimentazioni sulla base delle quali erano anche state definite le probabilità di successo degli interventi di recupero, l’Osservatorio, nel dicembre 2017, condivise la proposta dell’Università di sviluppare l’attività di reimpianto progressivamente nei cinque anni, contestualmente al monitoraggio, così da poter procedere con successive integrazioni e adeguamenti, sulla base delle evidenze del monitoraggio stesso. I positivi risultati ad oggi registrati confermano la bontà della scelta. La fase di recupero restauro, tutt’ora in corso, si configura come attività sperimentale in progress sviluppata d’intesa con l’Osservatorio. Ad oggi i risultati conseguiti sono di assoluta positiva rilevanza, stante il buon esito dei trapianti sia delle Posidonie che delle Gorgonie e, a fronte della verificata capacità degli interventi ad oggi realizzati, possono fungere da acceleratore della ripresa di vitalità dei fondali.
Cosa significa monitorare nel tempo e proseguire il lavoro di ripristino dei fondali dell’area del Giglio interessata e quale è l’obiettivo per il 2024 ?
L’obiettivo per il 2024 sarà il completamento delle attività di restauro in tutti i settori individuati dal piano del 2019. A conclusione dei lavori, sarà verificato lo stato dell’intera area oggetto d’intervento e, considerati i risultati positivi conseguiti, confidiamo che la completa attuazione del Piano non deluderà le attese. Monitorare nel tempo è condizione necessaria per capire gli effetti sull’ambiente delle diverse attività, per valutare in termini di opportunità ed efficacia l’adozione di interventi e misure. In assenza di questo specifico monitoraggio, difficilmente avremmo potuto calibrare interventi, misure e protocolli operativi, e non sarebbe stato possibile verificare l’efficacia degli interventi attuati. Monitorare nel tempo ha significato acquisire consapevolezza sullo stato dell’ambiente e soprattutto sui processi evolutivi in essere e sulle loro correlazioni con le diverse attività.
E per il futuro quali sono le aspettative per l’Area dell’isola del Giglio interessata dall’incidente?
Le attività previste dal Piano di recupero ambientale termineranno fra due anni: allora l’Osservatorio, a seguito di verifiche sull’intera area, certificherà l’esito del Piano e la conclusione dell’intero progetto. Il restauro e il recupero dei fondali, operazioni strettamente connesse con la restituzione delle capacità vitali ad un ambiente offeso, impongono di non disperdere i risultati conseguiti.
Concluso il piano di restauro, l’Osservatorio, con consapevolezza maturata dall’esperienza, ritiene necessaria e urgente una regolamentazione dell’area, da parte delle autorità preposte, capace di restituirla alla fruizione collettiva, nel rispetto delle condizioni di tutela, che sono peculiari di un ambiente fragile e in corso di recupero ambientale. E in tale senso l’Osservatorio si è più volte espresso, dichiarando anche la propria disponibilità a collaborare.
Che cosa ci ha insegnato la tragica esperienza dell’incidente Costa Concordia, in termini di coordinamento di competenze tra soggetti pubblici ed anche privati “in fase di emergenza”?
Molte, molte cose: l’importanza di lavorare in squadra, il confronto con molteplici soggetti e professionalità per trovare forme di continua collaborazione, senza rinunciare ai rispettivi ruoli, la condivisione dei percorsi, conciliando i diversi interessi rispetto all’obiettivo primario e comune di recupero e tutela ambientale. Ci ha insegnato a lavorare con tempi e modi dettati dall’urgenza e dal carattere specifico di quell’emergenza che poneva contemporaneamente esigenze di carattere sociale ed ambientale; il tutto complicato dall’operare in mare con gli imprevisti inevitabili e non sempre prevedibili condizionamenti.
Il caso Concordia è unico: non esistono riferimenti in letteratura su precedenti confrontabili, uniche le condizioni dei fondali dell’isola del Giglio e uniche sono state le condizioni progettuali e operative. L’operazione, che ha avuto carattere sperimentale in tutte le sue fasi, è stata singolare sotto il profilo professionale, tecnico-scientifico e, non ultimo, umano. Il costante confronto e la leale collaborazione tra i diversi attori, con gli inevitabili e naturali momenti di criticità e di scontro, sono stati fondamentali per le attività dell’Osservatorio ed hanno consentito di intervenire efficacemente nelle diverse fasi. Una sorta di processo virtuoso di partecipazione. Fermo restando il dovere di ripristino in capo a Costa Crociere, non era scontato che l’intero processo si sviluppasse nei tempi e con gli esiti ambientali ad oggi riscontrabili e questo è il frutto di un risultato di un lavoro in rete tra soggetti pubblici e privati che, nei rispettivi ruoli, hanno lealmente collaborato per raggiungere, fase dopo fase, gli obiettivi fissati.
Per approfondimenti:
L’ Intervento sui fondali del Giglio a 10 anni dal Naufragio della Concordia – Consorzio Interuniversitario di Biologia Marina, Livorno – Università Sapienza, Roma