La modellizzazione degli incidenti nelle industrie a rischio di incidente rilevante attiene alla sicurezza pubblica e a quella dei lavoratori. L’obiettivo principale è riprodurre la realtà, cercare di schematizzarla per prevedere e comprendere meglio le dinamiche e le conseguenze degli incidenti.
E’ facilmente comprensibile, come sottolineato dal Direttore Tecnico di ARPA Toscana, Marcello Mossa Verre, che nello studio degli incidenti rilevanti sia necessario utilizzare modelli matematici per simulare le conseguenze, dal momento che, ad eccezione dei dati raccolti in occasione di eventi effettivamente accaduti, non è possibile fare sperimentazioni su scala reale.
Con alcuni esempi è più facile comprendere l’applicazione dei modelli matematici a gravi eventi, come l’esplosione del 4 agosto 2020 nell’area portuale di Beirut, causata da nitrato di ammonio stoccato indebitamente per anni in un magazzino. L’esplosione ha determinato pesanti conseguenze, oltre 200 persone morte, 300.000 mila persone senza casa ed un’esposizione della popolazione a varie sostanze anche pericolose. I modelli, in casi come questo, ci aiutano a valutare le conseguenze del rilascio di massa ed energia.
Un altro esempio utile per comprendere la potenzialità della modellistica è quello dell’incidente avvenuto il 29 giugno 2009, alla stazione di Viareggio. In questo caso non siamo di fronte ad un incidente industriale, riconducibile alla normativa Seveso, ma ad un gravissimo incidente da trasporto. Si è trattato di un evento collegato ad un deragliamento di un treno che trasportava GPL dentro ferrocisterne di ampie dimensioni. Una cisterna, che conteneva oltre 45 tonnellate, a seguito del deragliamento, è stata lesionata col conseguente rilascio dell’intero contenuto in brevissimo lasso di tempo e la creazione di una pozza di liquido evaporante che ha dato poi luogo ad una nube.
I modelli matematici sono in grado di studiare queste dinamiche, come spiega nella sua relazione il Direttore Tecnico di ARPAT, l’importante è assegnare al modello stesso tutta una serie di informazioni come la geometria del serbatoio, la dimensione del foro, e altre più o meno dettagliate, per ottenere una stima sulla portata e sull’evoluzione della fuoriuscita di liquido, sulla dispersione della nube e sull’incendio che ne scaturisce a seguito di innesco.
Nel caso di Viareggio, la modellistica è stata in grado anche di definire le zone della città interessate, sia quelle che hanno subìto danni anche minimali, sia quelle direttamente colpite dal cosiddetto flashfire (incendio di breve durata di gas infiammabili). Il modello è stato in grado di simulare abbastanza bene quanto accaduto nella realtà. Inoltre, un’analisi dettagliata, con modelli più sofisticati (CFD), ha anche fornito una simulazione della dispersione della nube che, in un primo momento, ha saturato l’aria nella zona della stazione e che, poi, ha provocato l’incendio.
L’ultimo esempio che possiamo fare quello della stazione spaziale cinese Tiangong-1, di cui si era perso il controllo nel 2018 durante il rientro sulla terra e che rischiava di precipitare in un luogo e in un tempo non identificato. Data l’incertezza spazio-temporale dell’evento, Protezione Civile, Sistema Nazione della Protezione Ambientale (SNPA) e Agenzie regionali per la protezione ambientale hanno unito le forze per simulare lo scenario nel caso la stazione spaziale fosse caduta nel territorio italiano.
Alla nostra Agenzia è stato chiesto di valutare le possibili conseguenze della ricaduta della stazione spaziale, ipotizzando che la stessa arrivasse a terra senza danni ai serbatoi e potesse quindi rilasciare il contenuto di idrazina, il carburante utilizzato dalla navicella spaziale, presente nei due serbatoi in dotazione. L’ipotesi si presentava come molto improbabile ma ARPAT ha comunque studiato due possibili scenari, avvalendosi dei modelli matematici.
Nel primo, la sostanza, che è altamente infiammabile, si incendiava mentre nel secondo si determinava una dispersione nell’aria con rischi per la popolazione in quanto la sostanza possiede un certo livello di tossicità.
Il modello matematico ha definito gli scenari, in base ai quali è stato possibile definire le azioni da intraprendere, a seconda delle condizioni atmosferiche e della zona – urbana o rurale – di ricaduta, come ad esempio quella di prescrivere la chiusura di una zona di circa un km quadrato intorno al luogo interessato dalla caduta della navicella, indirizzando così anche le scelte di protezione civile.
Gli esempi evidenziano piuttosto bene l’importanza dell’utilizzo dei modelli matematici, che è auspicabile vengano utilizzati sempre di più in ARPAT, sviluppando le necessarie competenze per gestirli; professionalità e risorse, al di là della disponibilità degli strumenti, rappresentano sempre l’investimento più importante.
Visualizza l’intervento di Marcello Mossa Verre in occasione del seminario “La sensorizzazione territoriale e la modellistica per la previsione delle contaminazioni in funzione della protezione ambientale”, tenutosi in data 14 ottobre 2021 all’Earth Technology Expo