Dopo gli interventi del Direttore generale dell’Arpa Toscana, Pietro Rubellini, e del Direttore tecnico, Marcello Mossa Verre, nonché delle rappresentanze delle parti sociali ed economiche, in questa notizia ci soffermiamo sul contributo portato alla tavola rotonda dalle associazioni ambientaliste che hanno un ruolo di attenta osservazione e sensibilizzazione dei cittadini su queste problematiche.
Per le associazioni ambientaliste sono intervenuti Fausto Ferruzza – Legambiente Toscana, Gaia Corsini – Fridays For Future, Sergio Gatteschi – Amici della Terra e Roberto Marini – WWF Toscana a cui il Direttore generale, in qualità di moderatore ha chiesto di rispondere ad alcune domande, partendo dal fatto che sono trascorsi ormai cinquant’anni dalla pubblicazione del 1° Rapporto sui limiti dello sviluppo, commissionato al MIT dal Club di Roma nel 1972 e 30 anni dalla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo al Vertice della Terra di Rio de Janeiro. Nel contesto attuale come bisogna affrontare e contrastare il cambiamento climatico e come raggiungere uno sviluppo sostenibile intergenerazionale in un’ottica di equità in modo da conciliare istanze di carattere sociale, economico ed ambientale.
Fausto Ferruzza di Legambiente Toscana, partendo dalla definizione del Rapporto “The Limits to Growth”, letteralmente “limiti alla crescita” ma tradotto “limiti allo sviluppo”, ha precisato che Legambiente ha sempre promosso lo sviluppo, che significa progresso, cultura, avanzamento mentre per la “crescita”, dato quantitativo, il Rapporto indicava alla comunità scientifica la pericolosità di continuare con pressione demografica, economica e prelievo sulle risorse. Rispetto a quaranta anni fa anni la situazione è degradata molto, forse in modo irreversibile; pur lanciando un allarme grave, testimoniato anche dai sette mesi di siccità che hanno connotato il 2022, dobbiamo comunque dare speranza. Quando si parla di equità si parla del contrasto alle disuguaglianze perché gli effetti estremi dei cambiamenti climatici ricadono soprattutto sulla parte povera del pianeta, pensiamo alle isole del Pacifico che rischiano di scomparire. Solo dieci anni fa il verificarsi di eventi estremi come quelli accaduti recentemente in Italia (la tempesta Vaia nell’ottobre 2018, con 15 milioni di alberi abbattuti) e anche in Toscana, con eccezionali eventi meteorologici (settembre 2014 nelle Province di Lucca, Pisa, Pistoia, Prato e Firenze e nel settembre 2017 a Livorno), sembravano impensabili. Il tema dei cambiamenti climatici è trasversale e riguarda tutto il mondo sociale e imprenditoriale, per questo va affrontato in modo unitario se vogliamo uscirne in modo equilibrato e intelligente.
Rispetto alla visione speranza o tracollo Gaia Corsini – Fridays For Future sostiene che non c’è modo di essere positivi perché certi limiti sono stati superati, non si torna indietro e non esiste una prospettiva di equilibrio come poteva esserci nel 1972, ma allo stesso tempo non siamo nemmeno al collasso; da qui l’importanza della nostra responsabilità, ogni giorno, con le nostre azioni e comportamenti sia nell’ambito individuale che lavorativo, che ci permette di andare verso un tracollo o verso una ricerca di equilibrio. Rispetto al discorso dello sviluppo – prosegue Corsini – dobbiamo interrogarci su cosa intendiamo per “sviluppo”: una crescita infinita su un pianeta con risorse finite è impossibile, è un sistema chiuso e non si può andare oltre. La misura dello sviluppo e del benessere non può essere vista solo in relazione ad un valore puramente economico, ma come qualcosa che si può misurare con indici diversi, senza eliminare il livello economico ma ristabilendo una certa priorità che ponga prima del PIL (indice di misura per il benessere) la misura, ad esempio, dell’aspettativa di vita, l’istruzione; perseguendo questa strada gli aspetti sociali ed ambientali verranno un po’ prima della sostenibilità economica.
La rappresentante di Fridays For Future pensa che il messaggio contenuto nel rapporto del Club di Roma non sia stato compreso, soprattutto non si è data importanza all’agire: le istituzioni e le aziende, come la società, sono rimaste ferme.
Su questa linea anche Roberto Marini, in rappresentanza del WWF Toscana, che precisa che nel 1972 le tematiche denunciate nel Rapporto erano sottostimate per una volontà politica ma che ancora oggi continuiamo a consumare le nostre risorse a spese dei paesi più poveri e si sta portando avanti, a livello internazionale, una transizione ecologica che non è tale continuando a sostenere le fonti fossili invece di investire da subito, in maniera convinta, sulle rinnovabili. Se non ci muoviamo in questa direzione – precisa Marini – tutto quello che verrà fatto consiste solo in politiche di adattamento in una continua situazione emergenziale. Gli esperti ci mettono in allerta: le temperature molto alte registrate nell’estate 2022, le cd “bombe di calore”, continueranno a crescere e porteranno problematiche concrete come la desertificazione, pertanto occorre che tutte le informazioni tecniche siano fornite al decisore politico, che sebbene condizionato dagli aspetti tecnici, economici e dalla geopolitica deve tenere conto anche delle pressioni esercitate dalle comunità, dai cittadini. Occorre, quindi, una volontà di partecipazione generalizzata e sviluppare, con le nuove generazioni, una visione nuova così che la sfida al cambiamento climatico sia anche il modo per creare nuove opportunità iniziando da subito ad investire sulle fonti rinnovabili.
Sergio Gatteschi – Amici della Terra, ricordando il Rapporto sui limiti dello sviluppo, precisa che l’input politico verso un modello meno impattante sull’ambiente è stato recepito in Europa, con grandi cambiamenti e successi, ma non nei paesi in via di sviluppo che ci sovrastano come dimensione demografica. L’Europa ha ridotto le sue emissioni climalteranti del 20% stando in linea con i programmi che si era data e, rimanendo in ambito locale, il piano comunale della città di Firenze ci dice che le emissioni in città sono diminuite del 40%.
Esiste una forte disparità tra le politiche in via di attuazione in Europa e in Italia e quanto accade, ad esempio in Cina, dove, nell’ultimo anno, sono state aperte più di cinquanta centrali a carbone. A livello locale le azioni da mettere in campo devono puntare a renderci più autonomi dal punto di vista energetico e sfruttare al meglio tutte le nostre risorse, attraverso investimenti in tecnologia ed efficienza, come si sta facendo con la mobilità pubblica che ha investito sul tram, sull’efficientamento energetico degli edifici, sul taglio dei consumi delle emissioni degli ospedali pubblici, e ricorrere a tutte le nostre risorse come ad esempio quelle messe a disposizione dal mondo dell’agricoltura anche con lo sfruttamento della biomassa a fini energetici attraverso una seria pianificazione e la geotermia.
Dopo il primo giro di risposte, il Direttore generale riprende la parola per introdurre il tema legato alla produzione di energia al fine di renderci più autonomi energeticamente e da quindi, nuovamente, la parola alle associazioni ambientaliste.
Fausto Ferruzza di Legambiente Toscana sottolinea come, in questa fase storica, sia importante che l’ Agenzia risulti autonoma, terza e autorevole. ARPAT, infatti, produce dati di conoscenza, scientifici inerenti le pressioni ambientali sulle varie matrici; non si tratta solo di dati tecnici ma questi aiutano la democrazia ed i territori a compiere scelte anche sugli impianti da realizzare per attuare la transizione ecologica. Siamo in una fase storica di enorme importanza in cui è necessario dare un segnale di speranza, specie alle generazioni nuove, per un rinnovato impegno ad agire, per una rivoluzione energetica che sia in grado di attuare i progetti realizzando gli impianti necessari per l’economia circolare anche nella nostra regione. Dobbiamo riportare la discussione in un clima sereno e di rigore scientifico. Rispetto alla transizione energetica Legambiente, già nel 2005, sosteneva che il metano, tra le fonti fossili, rappresentasse una fonte di transizione, come l’accompagnamento con i rigassificatori, ma per svoltare dobbiamo traguardare ricerca scientifica sugli accumuli (litio, idrogeno, ecc..) poiché il modello energetico riguarda la sopravvivenza della specie ed occorre uno sforzo collettivo per una strategia dove i populismi e le demagogie siano messe da parte.
Gaia Corsini, dei Fridays For Future apprezza che la posizione sulla direzione da percorrere sia comune, come emerge dagli interventi dei rappresentanti delle varie parti sociali, economiche e delle associazioni e ricorda che, purtroppo, il tempo a disposizione per agire è davvero poco.
Sulla questione energetica bisogna partire da quanto emerge dai dati scientifici, poiché come riporta l’ IPCC, il problema è complesso e le soluzioni altrettanto e rimandano ad un mix energetico che richiama alle più disparate fonti di energia. A livello italiano non c’è una pianificazione specifica e manca una legge sulla crisi climatica, che ci porti ad avere un piano da seguire a lungo termine. La Regione Toscana ha, di recente, approvato una legge che prevede di predisporre un piano, PRTE, per la transizione ecologica che rimanda anche alla questione energetica. Il gas, ad esempio, dovrebbe essere usato soltanto per la transizione, quindi per un numero limitato di anni. Nella nostra regione, poi, oltre all’eolico, al solare, al fotovoltaico e all’idroelettrico ci sono anche altre fonti energetiche che, in piccola percentuale e a seconda delle zone geografiche, possono essere utilizzate. Corsini conclude sottolineando l’importanza di coinvolgere le persone nella transizione energetica, per un cambiamento culturale ad esempio partendo dalle comunità energetiche.
Roberto Marini del WWF, in linea con quanto già detto, sottolinea che l’emergenza climatica deve essere percepita e studiata e vanno fatte scelte nella direzione delle fonti rinnovabili, puntando al risparmio, all’efficienza e alla sufficienza, per gestire al meglio i consumi. Tra i piccoli passi su cui lavorare c’è l’incremento del numero degli energy manager, che in Toscana sono ancora pochi, sia nel settore privato che nella PA. Si tratta di una figura importante che verifica i consumi, ottimizzandoli e promuovendo interventi mirati all’efficienza energetica. Inoltre precisa Marini è pericoloso fare una transizione che si basa ancora molto sulle fonti fossili e ricorda che sull’eolico, ad esempio, mancano ancora le linee guida per l’individuazione delle aree idonee o non idonee; questi sono aspetti importanti su cui la politica deve intervenire dando gli strumenti giusti.
Gatteschi di Amici della Terra, parlando di cifre, ricorda l’impegno che abbiamo come europei per diventare il continente carbon neutral entro il 2050, una strada che in tutto il continente viene battuta con ingenti investimenti e programmi di studio che tengono conto di tutti gli aspetti della vita sociale. Ci sono città che sono più avanti e che possiamo prendere a buon esempio, tra queste Firenze con la realizzazione della tramvia e nell’ambito dello sfruttamento delle rinnovabili con la realizzazione di uno dei più grandi accumuli per l’energia solare termica nella zona delle Piagge. C’è una strada tracciata, il periodo di transizione è stato individuato da qui al 2050, l’Europa ha realizzato il primo successo con il 20% in meno di emissioni con due anni di anticipo, anche se con il conflitto bellico in atto lo scenario è cambiato. La diversificazione delle fonti energetiche di approvvigionamento è molto importante e necessita di un cambio culturale per andare anche verso le comunità energetiche e verso scelte di adattamento come quella di dotarsi di un numero maggiore di aree verdi per combattere le isole di calore in città.