Evidenziati alcuni dei possibili effetti negativi dei cambiamenti climatici sulle foreste d’alta quota: una recente ricerca condotta da ARPA Valle d’Aosta, insieme all’Università degli Studi di Torino, il Max Planck Institute di Jena e l’Università degli Studi di Milano, mostra come il larice, specie forestale molto diffusa sul territorio alpino, sia resistente agli estremi climatici ma non quando questi avvengono nei periodi più delicati dello sviluppo stagionale.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica Environmental Research Letters (Contrasting responses of forest growth and carbon sequestration to heat and drought in the Alps).
Le foreste sono indispensabili per aiutarci ad affrontare la crisi climatica. Grazie alla fotosintesi infatti, i boschi sono in grado di assorbire e quindi ridurre la CO2 presente in atmosfera.
Anche le foreste, però, possono subire gli impatti del cambiamento climatico. Sono soprattutto le ondate di calore e la carenza di piogge ad avere gli effetti più deleteri sulla capacità delle piante di fare la fotosintesi e immagazzinare CO2 sotto forma di biomassa forestale.
“Nel nostro lavoro è stato utilizzato un approccio multidisciplinare che unisce misure dettagliate a livello di singolo albero, con informazioni integrate alla scala dell’intero ecosistema, per la prima volta applicato al Larice” commenta Marta Galvagno di ARPA Valle d’Aosta. “Questo ci ha permesso di osservare che, nonostante le strategie messe in atto dal larice per rispondere alle variazioni climatiche, quando un’ondata di calore e siccità avviene nelle fasi iniziali della stagione (inizio giugno), si può avere una riduzione dell’accrescimento legnoso del 20%, anche a 2000m di quota”.
Stimare quanta CO2 saranno in grado di assorbire le nostre foreste nei prossimi anni è cruciale per meglio definire il loro contributo nelle strategie di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.
Questo studio pone le basi per nuovi approfondimenti presso il sito di ricerca di ARPA Valle d’Aosta e a scala regionale, proprio grazie alle collaborazioni sviluppate con i diversi Istituti e alla partecipazione a infrastrutture di ricerca nazionali e internazionali come LTER (network di ricerca ecologica a lungo termine) e FLUXNET (network globale per la misura delle emissioni e assorbimenti di CO2).