Non credo di peccare di presunzione, se affermo che in Arpa Veneto abbiamo gestito piuttosto bene la fase critica della pandemia.
Nella Regione che ha avuto inizialmente un impatto sanitario tra i più significativi (pur avendo poi gestito l’epidemia in maniera eccellente, come riconoscono tutti), non abbiamo avuto nessuna sede chiusa, nessun servizio pubblico interrotto e, come ci dicono i dati del controllo di gestione, nessuna riduzione delle attività, fatta eccezione per una modesta contrazione (pari al massimo al 10-15% su alcuni singoli prodotti del Catalogo dei servizi) nei soli settori di attività in cui il volume del lavoro è sostanzialmente guidato dalla domanda esterna, notoriamente contrattasi per il lockdown (altrui, non il nostro…). Se qua e là abbiamo lavorato meno, insomma, è stato in massima parte per il rallentamento e poi il blocco delle attività economiche e produttive.
In compenso, abbiamo messo in campo uno sforzo organizzativo senza precedenti per garantire che tutti i fondamentali servizi pubblici essenziali che eroghiamo in materia ambientale fossero garantiti, come sempre, H24, in tutto il Veneto. Abbiamo messo in sicurezza i lavoratori con un equilibrato ricorso allo smartworking (vero! … e guai a chi mi parla di “cassa integrazione mascherata”…) e con la fornitura di DPI per tutte le attività indifferibili che abbiamo continuato a garantire in presenza; e abbiamo trovato modo di investire su formazione e miglioramento organizzativo.
Da questo punto di vista, possiamo essere orgogliosi di quanto abbiamo fatto in questi ultimi mesi, con lo sviluppo di nuovi filoni di attività a supporto del sistema sanitario e di protezione civile (riapertura degli ospedali, verifiche sugli ambienti indoor, produzione di gel disinfettante, supporto alla regione e alle università per la certificazione delle mascherine…), con il rafforzato supporto alla protezione civile, e poi con il miglioramento organizzativo, il recupero di arretrato, il miglioramento dell’indice di tempestività dei pagamenti, la piena digitalizzazione dei processi amministrativi, la formazione e l’aggiornamento, l’avvio della regionalizzazione dei servizi, lo sviluppo di linee di innovazione tecnologica e procedurale. Per un totale di migliaia di ore di lavoro in più.
Come Agenzia usciamo insomma da questa crisi più forti, più competenti, più coesi, più aggiornati e meglio organizzati, senza aver sostanzialmente ceduto nulla in termini di produttività, efficienza, efficacia e qualità dell’azione. Nella tragedia che tanto è costata al Veneto e al Paese, in termini di vite umane e di ingenti danni economici, siamo riusciti a trovare addirittura un’opportunità di miglioramento.
Forse è per questo che mi fa così arrabbiare il crescere della solita retorica “anti sistema pubblico”, da parte di chi comincia – tanto per cambiare – a prendersela “con i burocrati”, visti come il male numero uno del nostro tempo e del nostro Paese, come un fattore di ritardo e di freno per un mondo economico che altrimenti spiccherebbe il volo.
Intendiamoci, non sto dicendo che la P.A. non debba essere migliorata e non sia talvolta affetta da gigantismo, da lentezza, da inefficienza o addirittura da inerzia. Sto dicendo che non è tutto così e che non è sempre così. Anzi. E, soprattutto, sto dicendo che nessuna ripresa vera è possibile senza la Pubblica Amministrazione, soprattutto senza quella parte della P.A. che, come le Agenzie, si occupa di Ambiente.
Condivido qui alcune utili riflessioni di Raffaella Saporito e Veronica Vecchi su “I rischi della burocrazia difensiva, per la società e la burocrazia stessa“. E comincio citandone un passaggio: “Stime ufficiali vedono crescere il nostro debito pubblico in pochi mesi di oltre 20 punti, fino al 155,7 per cento. Il resto della storia lo conosciamo bene ed è lo stesso finale più o meno dagli anni ’70 … Quando arriverà il conto da pagare, quando bisognerà capire da dove prendere le risorse per pagare gli interessi sul debito, senza una crescita vera … i servizi pubblici saranno i primi ad essere tagliati. A prescindere dalla loro efficienza.“
Ecco, io confido davvero che non sia così, questa volta. Il motore di questa crisi (e delle prossime che, purtroppo, verranno, accelerate da deforestazione, cambiamento climatico, sfruttamento sconsiderato delle risorse e inquinamento ubiquitario…) sta proprio nel rapporto, da riequilibrare, tra capitale naturale da un lato e modello socio economico dall’altro. Per superare questa crisi in maniera strutturale e duratura bisognerà puntare a nuovi modelli di sviluppo, sostenere la crescita dell’economia “green” e una riconversione profonda di modelli di business e stili di vita. Serve una cultura ambientale più attenta, più moderna, più consapevole, più al passo coi tempi. Serve mettere davvero al centro dell’agenda politica di tutti i livelli istituzionali, in Italia e nel Mondo, la grande questione climatica e ambientale del nostro Tempo.
La P.A. può essere davvero motore di questo nuovo sviluppo, se saprà costruire fiducia e affidabilità. L’investimento maggiore che Europa, Stati Membri e Regioni devono realizzare, va dunque proprio non solo nel senso del sacrosanto sostegno alla ripresa, ma nell’immaginare che essa possa avvenire secondo nuovi criteri, investendo in salute, ambiente, qualità della vita; e dunque concentrando le risorse in ricerca, formazione, trasporto, TLC, sistema di protezione ambientale e ovviamente sistema sanitario.
La qualità del sistema amministrativo è da questo punto di vista davvero una variabile chiave per la competitività del nostro Paese. Serve una P.A. in grado di indicare percorsi di crescita diversi e di sostenerli, dal supporto alle decisioni di policy, alla valutazione dell’efficacia delle politiche. Con competenza tecnico scientifica e terzietà. E in grado di collaborare con imprese e sistema produttivo nell’inmnescare percorsi di crescita virtuosi. Serve dunque un patto di fiducia tra pubblico e privato, peraltro – come ci spiegano molto bene le Autrici – fondamentale anche per accedere alle risorse che si renderanno disponibili, a partire dal MES.
Nella Pubblica Amministrazione, nelle Agenzie per prime, ci sono persone competenti e appassionate, che possono fare la differenza. Vanno valorizzate, premiate, coinvolte, liberando le energie represse. Insomma, non riproponiamo la solita battaglia contro i “fannulloni”, che era vecchia e sbagliata già vent’anni fa.
Luca Marchesi
Direttore generale di Arpa Veneto
Grazie