Il Consiglio di Stato ha dato ragione ad Arpae e Comune di Ferrara respingendo l’appello presentato dalla società Solvay contro l’ordinanza di bonificare un’area nel Quadrante est. Ribaditi i principi che il nesso di causalità si fonda sul criterio del “più probabile che non” e la validità delle disposizioni del decreto legislativo 152/2006 applicate anche alle contaminazioni cosiddette “storiche”.
Lo scorso 8 ottobre il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale (Tar) di Bologna del 15 febbraio 2017, respingendo l’appello della società Solvay. Il ricorso presentato dall’azienda contro Arpae Emilia-Romagna e Comune di Ferrara, si riferiva all’ordinanza con la quale si intimava alla società la bonifica ambientale dell’area ex cave SEF, nel Quadrante est di Ferrara. Con questa nuova sentenza i giudici hanno quindi dato ragione ad Arpae e Comune di Ferrara, ritenendo la Solvay responsabile della contaminazione dell’area che dovrà quindi procedere alla bonifica.
“Una sentenza molto importante per la tutela dell’Ambiente – ha dichiarato Giuseppe Bortone, direttore generale di Arpae – che conferma il ruolo strategico dell’Agenzia nella gestione di situazioni di criticità ambientale così complesse. Arpae, nel caso in questione, ha svolto efficacemente molteplici funzioni: un’attività di polizia giudiziaria “in camice bianco”, cioè particolarmente attenta agli approfondimenti tecnico-scientifici e un’attenta attività amministrativa finalizzata alla corretta individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento”.
Nel Quadrante est erano presenti due siti destinati a ricevere rifiuti urbani; il Comune in quell’area aveva rilevato la presenza di sostanze inquinanti che, a seguito di indagini tecniche accurate, aveva appurato potessero derivare da scarti di lavorazione del vicino impianto Solvay; le sostanze contaminanti rinvenute, infatti, erano riconducibili alla produzione di clorometani e pvc, esercitata solo presso lo stabilimento Solvay di Ferrara (già oggetto di bonifica) tra l’inizio degli anni Cinquanta e i primi anni Ottanta.
Le indagini e le verifiche effettuate da Arpae e dal Comune di Ferrara hanno portato l’Agenzia a individuare Solvay quale responsabile della contaminazione e soggetto tenuto alla bonifica del sito.
Il Consiglio di Stato ha confermato la bontà della tesi sostenuta dalle amministrazioni, contro le quali si è anche schierata anche Federchimica.
I giudici hanno accertato quanto segue:
– l’area delle ex cave SEF non era destinata a ricevere in via generale rifiuti industriali
– il conferimento in discarica degli scarti di lavorazione industriale era stato effettuato da Solvay senza alcuna autorizzazione o comunicazione all’amministrazione comunale
– esiste un nesso di causalità tra il soggetto che versa in discarica rifiuti non ammessi e la contaminazione di cui diviene e resta responsabile
– effettivamente le sostanze contaminanti rinvenute in quell’area erano presenti anche nel sito dove un tempo sorgeva l’impianto Solvay di Ferrara e non in altri dell’area industriale ferrarese.
Oltre a ribadire, come aveva già fatto il Tar, che la dimostrazione del nesso di causalità si fonda sul criterio del “più probabile che non”, il Consiglio di Stato ha affermato che in questa materia le disposizioni del decreto legislativo 152/2006 si applicano anche alle contaminazioni cosiddette “storiche” richiamate espressamente: ciò che infatti assume rilievo in questi casi è la perdurante condizione di contaminazione dei luoghi cui, attraverso la bonifica, si deve porre rimedio nell’attualità.