La questione dell’effetto tossico dell’esposizione a dosi basse di un composto chimico è al centro di un dibattito molto acceso. Le nuove tecnologie e i nuovi metodi di ricerca hanno permesso un’evoluzione nello studio della complessa interazione tra un organismo e le sostanze estranee con cui entra in contatto.
Articolo in Ecoscienza 6/2017
Dovremmo iniziare questo articolo dicendo che negli ultimi anni la questione della dose-soglia è stato argomento di grande dibattito scientifico. Ciò facendo, maschereremmo la verità, perché in realtà la questione della dose-soglia è argomento di acceso contrasto, di quel tipo di litigio che trova botta e risposta in autorevoli articoli, scritti da autorevoli scienziati e pubblicati in altrettanto autorevoli riviste scientifiche. La ragione del contendere, tuttavia, non è tanto se la dose-soglia esiste o meno, quanto su quel che accade alle dosi basse o molto basse.
Il concetto di dose-soglia
La dose-soglia (threshold) tossicologica è definita come il livello di dose al quale si evidenzia per la prima volta un effetto tossico. La dose-soglia è calcolata sulla base di studi osservazionali che comprendono studi clinici, studi sperimentali negli animali o in sistemi di colture cellulari in vitro da cui sia possibile ricavare una relazione dose-risposta. La conoscenza della relazione dose-risposta è fondamentale per stabilire la relazione di causalità tra l’effetto osservato e il composto chimico a cui è avvenuta l’esposizione, stabilire la dose più bassa a cui si è osservato l’effetto (soglia di effetto) e determinare la velocità e l’incidenza dell’effetto (slope). La curva dose-risposta ha generalmente una forma sigmoidale, con un tratto lineare alle dosi più alte. Per la maggior parte degli effetti tossici si può stabilire, almeno sperimentalmente, una dose-soglia al di sotto della quale non c’è effetto. L’effetto ricercato è una risposta dell’organismo a uno stimolo esterno (esposizione).
Bisogna precisare, tuttavia, che, nel campo della tossicologia ed epidemiologia ambientale, l’effetto a cui ci si riferisce è un effetto avverso, capace di alterare l’omeostasi dell’organismo. In quest’ottica, la dose-soglia può essere definita come il punto in cui l’abilità dell’organismo nel sostenere processi di detossificazione e di riparo è compromessa.
Per definire la dose-soglia vengono utilizzati alcuni indici. Noael (No
observed adverse effect level) e Loael (Lowest observed adverse effect level) sono i più comuni indici per gli effetti tossici, comparabili alla reference dose (RfD), utilizzata in ambito regolatorio statunitense. Noel (No observed effect level) e Loel (Low observed effect level) si riferiscono invece a effetti non necessariamente avversi, quali per esempio la dose efficace di un farmaco. Questi indici costituiscono il punto di partenza per calcolare la dose accettabile di esposizione dell’uomo, e in particolare dei soggetti sensibili (figura 1).
La definizione della relazione dose-risposta potrebbe, quindi, sembrare un semplice esercizio di rappresentazione grafica di dati osservati e non quello che in realtà è: la rappresentazione grafica di una relazione complessa tra un organismo vivente e una o più sostanze estranee a questo organismo e con cui l’organismo viene in contatto.
Le origini della tossicologia e la cancerogenesi genotossica
Abbiamo già accennato alla forma della curva dose-risposta, dicendo
che generalmente questa relazione è rappresentata da una curva sigmoide. Questa asserzione è uno degli argomenti più dibattuti. La curva dose-risposta linearizzata per le cosiddette sostanze cancerogene è stato uno dei dogmi della tossicologia (e dell’epidemiologia) che ha indirizzato tutti i modelli di predizione di rischio a una valutazione di rischio basata su eventi iniziali genotossici e irreversibili: le mutazioni.
Abbiamo già descritto, in Ecoscienza 1/2017, la prospettiva storica che ha fatto da cornice a questa interpretazione degli eventi chiave legati all’effetto avverso più complesso: il tumore. L’intera storia dell’epidemiologia e della tossicologia è legata alla prima osservazione di tumori professionali, e in particolare il tumore dello scroto negli spazzacamini, descritto nel 1778 (illuminismo), alla descrizione delle patologie professionali nel XVIII secolo (rivoluzione industriale), all’identificazione delle aberrazioni cromosomiche nelle lesioni tumorali nel 1908 (inizio dell’era della genetica applicata) e alla conferma sperimentale degli effetti indotti dalla fuliggine nel 1918 (inizio della tossicologia sperimentale).
Questa succinta descrizione degli eventi, rende evidente la concatenazione tra la scoperta delle aberrazioni cromosomiche nei tumori e l’identificazione dei composti che erano in grado di determinarle e l’inizio di un postulato, quello della cancerogenesi genotossica, che diventerà (e rimarrà) una verità indiscussa (e indiscutibile) fino al primo decennio di questo nuovo millennio.
Nel modello di cancerogenesi genotossica non c’è dose-soglia. L’evento iniziale, sostenuto dalla mutazione, è un one-hit, un danno che da solo è in grado di innescare eventi successivi o di predisporre all’insorgenza di eventi successivi che sfoceranno ineluttabilmente in un tumore o in un’altra patologia cronico-degenerativa. Questa ipotesi è stata (maldestramente) contestata dai ricercatori che sostengono l’esistenza del fenomeno dell’ormesi, già descritto da Ippocrate, e ripreso in radiobiologia, fenomeno per il quale i sistemi biologici possono rispondere in maniera differente alle basse dosi, che avrebbero un effetto benefico, rispetto alle alte dosi che inducono effetti avversi.
Il concetto di ormesi è stato poi utilizzato a sostegno delle basi scientifiche dell’omeopatia, innescando, di fatto, una discussione, che dura tutt’ora, tra opposte fazioni, e che ha contribuito a rallentare un processo di revisione del concetto di dose-soglia.
L’era genomica e l’introduzione della dose-soglia
È solo con l’avvento dell’era genomica che ci si può, finalmente, munire di quegli strumenti che consentono di iniziare un percorso tutto nuovo alla comprensione degli eventi biologici, in risposta alle esposizioni ad agenti fisici, chimici e biologici. Sulla base degli studi che hanno contrassegnato questi primi anni del nuovo millennio, possiamo stabilire che la risposta di un organismo vivente a un’esposizione è mediata da un evento chiave iniziale a livello molecolare, che dà origine a una reazione a catena di eventi chiave che si susseguono a livello molecolare, cellulare, tissutale, d’organo, d’organismo e di popolazione e che si manifestano a dosi crescenti. L’esito finale sarà una conseguenza della concentrazione di esposizione e della capacità dell’organismo di contrastare gli eventi avversi, a ogni livello in cui questi eventi si realizzano.
Per la maggior parte degli organi c’è una riserva funzionale, per cui la perdita di alcune funzioni non determina una diminuzione delle prestazioni. Questa capacità di ripristinare l’omeostasi è ancora più efficiente ai livelli molecolari e cellulari, dove vengono innescati meccanismi di detossificazione e di adattamento. Possiamo, dunque, ipotizzare che a ogni livello esiste una dose-soglia e che solo il superamento di questa consente di progredire verso la malattia e, tuttavia, c’è una dose-soglia e un livello di esposizione che segnano un punto di non ritorno nella progressione verso l’esito finale avverso.
È verosimile supporre che questo livello di dose sia correlato con il superamento dei meccanismi di adattamento e di riparo a livello di organo.
Le nuove tecnologie e i metodi integrati basati sull’uso di quest’ultime permettono di identificare dosi-soglia sperimentali a livello cellulare e molecolare e di comprendere se gli effetti correlati a queste dosi siano da considerarsi una risposta adattiva della cellula o un evento chiave correlato con un esito finale avverso.
Su queste basi è, dunque, possibile derivare la dose di esposizione umana che sia coerente con un approccio al principio di precauzione che poggi su solide basi scientifiche e che non sia solo di protezione della salute umana, ma anche di prevenzione.
Annamaria Colacci, Arpae Emilia-Romagna