La sostenibilità è uno dei punti chiave delle politiche che l’Unione europea sta sviluppando e attuando. Gli obiettivi, afferma il commissario europeo all’ambiente Karmenu Vella, non sono ancora raggiunti, ma l’approccio e il modello adottati sono quelli giusti per affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali. L’articolo in Ecoscienza 5/2017.
L’ampia gamma europea della legislazione ambientale costituisce oggi il set più completo di standard ambientali nel mondo. Circa 550 direttive, regolamenti e decisioni stanno migliorando le condizioni di vita, innalzando gli standard e facendo diminuire le emissioni di inquinanti, con benefici per i cittadini e per l’ambiente. Senza questi standard, i clorofluorocarburi distruggerebbero lo strato di ozono, le emissioni dai trasporti avrebbero un’impennata, i corsi d’acqua sarebbero soffocati dagli scarichi fognari e ampie fasce di terreno sarebbero seppellite dai rifiuti.
Il grande risveglio è cominciato negli anni 70, quando si sono creati i primi ministri dell’Ambiente ed è stato lanciato il primo Piano d’azione ambientale Ue. Ma il vero punto di svolta è arrivato nel 1999, molto dopo il Rapporto Brundtland, quando è entrato in vigore il Trattato di Amsterdam. Il Trattato è stato il primo a richiedere l’integrazione della protezione ambientale nelle politiche e attività comunitarie, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo sostenibile. Due anni più tardi, nel corso del summit di Göteborg del giugno 2001, i leader Ue hanno lanciato la prima vera strategia dell’Ue sullo sviluppo sostenibile. La dichiarazione di Göteborg è stata la base delle politiche dell’Unione europea verso lo sviluppo sostenibile, specialmente attraverso la sua ambiziosa richiesta di un nuovo approccio al processo decisionale per garantire che le politiche economiche, sociali e ambientali dell’Ue si rafforzino reciprocamente.
Le sfide straordinarie che ancora abbiamo di fronte
Circa 20 anni dopo, l’Europa ha fatto molta strada, ma rimangono importanti sfide ambientali. Lo sviluppo insostenibile di alcuni settori economici chiave è ancora una barriera fondamentale per ulteriori miglioramenti. Ci troviamo di fronte all’urbanizzazione e all’abbandono della terra. Il cambiamento climatico è già qui. I cittadini sono più sani, ma l’esposizione agli inquinanti rimane una minaccia silenziosa e invisibile. Ogni anno, più di 400.000 persone nell’Unione europea muoiono prematuramente per le conseguenze dell’inquinamento atfmosferico. Stiamo esaurendo risorse naturali e perdendo biodiversità a una velocità allarmante.
Oggi l’Europa esprime un approccio olistico e interdisciplinare, incorporando lo sviluppo sostenibile nelle politiche Ue per assicurare che le sfide economiche, sociali e ambientali vengano affrontate congiuntamente. Un approccio basato sugli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Onu (Sdg). “Per costruire un futuro per i nostri figli e per il nostro pianeta a beneficio di ciascuno – dice il vice presidente della Commissione Frans Timmermans, le cui competenze comprendono l’integrazione dello sviluppo sostenibile nelle politiche Ue – stiamo facendo degli Sdg e della sostenibilità un principio guida di tutto il nostro lavoro. Attuare l’Agenda 2030 dell’Onu è un impegno condiviso e necessita del contributo e della cooperazione di ciascuno, compresi gli stati membri e la società civile in generale”. Tale presa di coscienza è stata una ragione per cui l’Ue è stata determinante nella definizione dell’Agenda globale del 2030, la quale è pienamente coerente con la visione dell’Europa e ora è diventata il modello mondiale per lo sviluppo sostenibile.
Definire le politiche nel 2017
L’agenda politica della Commissione Juncker è strettamente incentrata su lavoro, crescita, giustizia e cambiamento democratico. Le sue 10 priorità affrontano sfide chiave e molte di esse sono strettamente interconnesse con gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile. Le politiche Ue raramente trovano origine da una sola fonte, ma il Rapporto Brundtland ha indiscutibilimente toccato un nervo scoperto. Esso riconosceva, per esempio, che il riuso e il riciclaggio dei rifiuti erano una forza crescente in molti settori industriali.
Le tecnologie per innalzare l’efficienza delle combustioni e ridurre le emissioni industriali, eliminando i composti dello zolfo e dell’azoto dai gas di scarico, stavano procedendo a grande velocità. Il rapporto Our common future vide la loro potenzialità nell’introdurre modelli di produzione più efficienti nell’uso dell’energia e delle risorse, riducendo l’inquinamento e minimizzando i rischi per la salute e gli incidenti. Ciò lo ha reso un punto di partenza imprescindibile e i suoi obiettivi si sono infine trasformati nel pensiero relativo all’economia circolare, che oggi è una priorità assoluta per questa Commissione.
Il pacchetto per l’economia circolare rappresenta un programma trasformativo con un potenziale molto significativo di creazione di nuovi posti di lavoro e di stimolo di modelli sostenibili di produzione e consumo. Concentrarsi sull’efficienza nell’uso delle risorse e sulla minimizzazione degli sprechi in un contesto di rapido esaurimento delle risorse globali dà all’Ue un vantaggio competitivo e stimola l’innovazione. Crea posti di lavori locali, a tutti i livelli di specializzazione e con opportunità per l’integrazione sociale. La transizione all’economia circolare offre un’opportunità all’Europa per modernizzare la propria economia, rendendola più “verde”, più competitiva e meglio equipaggiata per il futuro. Contribuirà anche a ridurre le emissioni di anidride carbonica, portando con sé risparmi energetici e riducendo l’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo. Come dimostra il Programma di lavoro 2017, l’attuazione del piano di azione per l’economia circolare resta prioritario nell’agenda della Commissione.
La sostenibilità a lungo termine è strettamente legata all’attuazione dell’acquis ambientale dell’Ue ed è inseparabile dalle sfide più ampie a livello economico e sociale. Come evidenziato nell’attuale (7°) Piano di azione ambientale, anche il mantenimento e il miglioramento della nostra base di risorse naturali è essenziale per settori come l’agricoltura, la pesca e l’energia per poter fornire i loro servizi. Così, dopo decenni in cui sono stati stabiliti gli standard ambientali, il focus ora si sta spostando sulla loro effettiva attuazione.
Un nuovo strumento per monitorare i progressi nei confronti degli obiettivi ambientali è il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali (Environmental Implementation Review), una procedura biennale con raccomandazioni specifiche per ciascuno stato membro. Altre nuove iniziative saranno prossimamente presentate per semplificare il reporting ambientale, facilitare l’accesso alla giustizia e sostenere ulteriormente la conformità ambientale degli stati membri.
Tutto questo mostra come la sostenibilità stia diventando un marchio europeo. Consapevoli dei limiti del pianeta, della scarsità delle risorse, delle crescenti ineguaglianze e dell’importanza della crescita sostenibile per preservare i nostri sistemi di welfare sociale, la Commissione si sta impegnando per aprire per l’economia europea e mondiale una nuova strada, che migliori la vita dei cittadini e le prospettive per le giovani generazioni.
Guardare l’orizzonte a lungo termine
Per preservare il futuro, dobbiamo compiere le giuste scelte politiche adesso. Un recente rapporto per mappare le politiche europee rispetto agli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile ha confermato che, anche se c’è ancora molto lavoro da fare, tutti i 17 Sdg vengono affrontati da azioni a livello europeo. Molti di essi, inoltre, rientrano tra le principali priorità politiche della Commissione Juncker.
Nello scorso mese di giugno, la Commissione europea e il Servizio europeo per l’azione esterna hanno pubblicato una comunicazione congiunta sulla resilienza. Gli ecosistemi che sostengono l’agricoltura e forniscono acqua, rifugio e sostentamento per le comunità locali devono essere resilienti, in quanto vitali per la sopravvivenza a lungo termine. Il cambiamento climatico, i disastri naturali e il degrado ambientale sono interconnessi e spesso hanno un impatto di grande portata sulla resilienza delle comunità e sui sistemi di sostegno ecologico da cui dipende la vita. Sono inoltre già una causa o fattori che contribuiscono alla nascita di conflitti nel mondo. Perciò il compito che abbiamo davanti è di allargare il nostro approccio a queste scelte, mettendo maggiore enfasi sulla conservazione, il ripristino e la gestione sostenibile delle risorse e degli ecosistemi naturali e sul mantenimento dei servizi che forniscono.
Il costo della loro assenza è semplicemente troppo alto per essere ignorato. Anche questo era stato previsto dal Rapporto Brundtland. Anche se spesso è stato interpretato solo come un segnale di attenzione, si trattava di una pietra miliare verso una maggiore reslienza. Ci invitava a rompere con le abitudini passate, a non ricercare la stabilità sociale e ambientale, ma piuttosto a ricercare il cambiamento e a perseguire azioni che potessero indirizzare il nostro sviluppo futuro su un percorso solido verso la sostenibilità. Stiamo ancora cercando di raggiungere questo obiettivo, ma sono convinto che, nonostante gli shock ecologici ed economici che dovremo superare, un approccio veramente olistico ci aiuterà a mettere in atto la resilienza che le nostre società meritano.
Karmenu Vella, commissario Ue per Ambiente, affari marittimi e pesca Traduzione di Stefano Folli