Intervista a Giuseppe Bortone, direttore generale di Arpae Emilia-Romagna e Presidente AssoArpa. Continuiamo con lui il “giro d’Italia” con i direttori generali delle agenzie ambientali che compongono il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, per capire da loro come stanno affrontando l’attuale periodo di crisi e come pensano di poter contribuire ad uscirne in una logica di “transizione ecologica”, come sempre più spesso si legge nei documenti ufficiali.
Il Paese sta affrontando una crisi sanitaria, sociale ed economica con pochi precedenti, ma al contempo sta lavorando per uscirne e costruire una prospettiva di ripartenza. In quale modo il Snpa può dare il proprio contributo perché questa ripartenza sia nel segno dell’ambiente?
Stiamo affrontando la crisi più importante dal dopoguerra in avanti, che probabilmente rappresenterà un punto di svolta dei nostri stili di vita, delle modalità di produzione, del nostro rapporto con la biodiversità e con gli equilibri della biosfera. Stiamo ancora vivendo il momento della crisi, ma allo stesso tempo dobbiamo domandarci quali insegnamenti sapremo trarne e quale cambiamento possiamo mettere in atto da subito.
Abbiamo visto, ad esempio, che una forte riduzione delle attività umane (sperimentate durante il lockdown) hanno avuto un effetto significativo sulla qualità dell’aria. Al contempo, ci rendiamo conto che la strada della mobilità e delle produzioni sostenibili non può essere limitata ai soli giorni dell’emergenza, ma deve portarci a un cambiamento più di lungo termine dei nostri modelli territoriali e di sviluppo, in un’ottica di prevenzione a tutti i livelli: abbiamo toccato con mano l’urgenza della transizione. Il cambiamento è possibile e rappresenta un’occasione unica, di cui dovremmo apprezzare le prevedibili ricadute positive.
A sostenere questa possibilità di transizione c’è un importante flusso di finanziamenti pubblici, come forse non è mai avvenuto nella storia europea, principalmente tramite il programma Next generation EU. È essenziale che queste risorse siano impiegate con criteri coerenti e con una capacità di programmazione di largo respiro, in relazione agli obiettivi del green new deal.
In tutto questo, Snpa può ricoprire un ruolo strategico per una nuova governance per l’ambiente. Il patrimonio di conoscenze e competenze interdisciplinari presenti all’interno del Sistema è fondamentale per il supporto e la collaborazione con tutti gli altri interlocutori e con i decisori, perché le scelte siano fondate su una solida base scientifica e sulla profonda conoscenza del territorio che il Sistema mette in campo.
Ambiente e salute, lotta al cambiamento climatico, economia circolare sono temi strategici su cui il Snpa, già in epoca pre-Covid-19, aveva riorientato il proprio programma di attività. Sono tre settori diventati ancora più rilevanti oggi, su cui è necessario incentrare le politiche di prevenzione e di gestione dei rischi.
Se la ripartenza del Paese deve essere nel segno dell’ambiente, quali potrebbero essere i problemi che ancora impediscono il consolidamento di un forte Sistema nazionale di protezione ambientale, da affrontare e risolvere una volta per tutte?
Uno dei problemi dell’Italia è la difficoltà a fare sistema, ad andare oltre le specificità settoriali e gli interessi di parte. Il paese ha bisogno di superare una visione spesso miope. Tutto questo dovrebbe portare a valorizzare il Snpa, che è fondato proprio sul concetto della “rete”, ma anche il Snpa deve cambiare passo e dimostrare sul campo di avere la capacità di fare sintesi delle potenzialità che racchiude in sé.
Durante la prima fase dell’emergenza, Snpa ha saputo compattare i ranghi, parlare una sola voce, dare supporto al sistema della Protezione civile e alle autorità sanitarie, elaborare importanti indirizzi su alcuni urgenti temi gestionali (come il lavaggio strade, i rifiuti urbani, il lavoro agile), ma sono emersi anche alcuni punti di debolezza.
In emergenza ci si deve confrontare con tempi stretti di decisione e imprevedibilità rispetto alla programmazione: la velocità di intervento non si sposa al meglio con una forma di governance basata sulla condivisione unitaria e assembleare, servono strumenti decisionali e capacità di delega che il sistema attuale non può e non è in grado di garantire. La grande capacità di coordinamento tecnico, che è sempre stata la caratteristica migliore del Sistema, non può essere frenata da meccanismi organizzativi che rallentano inesorabilmente il processo.
Serve quindi un nuovo patto, una nuova vision condivisa che sappia rendere il Snpa veramente il collegamento tecnico tra i diversi livelli istituzionali, dal Ministero dell’Ambiente alle Regioni. È un processo da assumere, rapidamente, a livello interno al Sistema, anche al di là dell’innegabile difficoltà data dalla mancanza di tutti i decreti attuativi previsti dalla legge 132/2016 che ha istituito il Snpa e di molte leggi regionali di attuazione.
Un altro nodo riguarda il definitivo riconoscimento del ruolo professionale del personale delle Agenzie ambientali. Sembra davvero anacronistico che figure multidisciplinari come il dirigente ambientale o il tecnico ambientale del comparto agenziale abbiano difficoltà a trovare un adeguato riconoscimento che ne valorizzi le caratteristiche e soddisfi le necessità di un settore che si caratterizza per multidisciplinarietà e integrazione multisettoriale.
Sembra quasi non si voglia prendere atto che negli ultimi anni il sistema della tutela ambientale abbia registrato un’importante evoluzione in coerenza con quanto previsto dalla Legge 132/2016: “Il Sistema nazionale concorre al perseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile… della salvaguardia e della promozione della qualità dell’ambiente e della tutela delle risorse naturali”.
Le caratteristiche organizzative e i profili di competenza delle Agenzie ambientali hanno necessità di essere in buona parte diversi e specifici in relazione alle attività svolte, per molti tratti significativamente differenti dalle professioni sanitarie del Ssn e del Ssr.
Non si tratta di rivendicazioni sindacali o corporative, anzi, ma di indifferibili esigenze per garantire il funzionamento efficace ed efficiente del sistema. Indipendentemente infatti dal comparto contrattuale, sanità e/o funzioni locali, emerge sempre più la necessità di definire un profilo professionale unico del Sistema che consenta l’attuazione degli obiettivi di legge. Che dia spazio e prospettiva al personale in servizio e ai nuovi assunti.
Infine, andrebbero opportunamente rilette le necessità di riordino delle professioni sanitarie introdotte con la Legge 3/2018, evitando però che questo porti a eccessive compartimentalizzazioni o alla previsione di attività riservate in via esclusiva a determinati Ordini, favorendo invece l’integrazione, la possibilità effettiva di fornire prodotti, prestazioni e servizi a cui concorrono diverse categorie professionali.
E’ evidente che con il susseguirsi dei ricorsi e delle sentenze del Tar, si rendono sempre più necessarie modifiche normative che vadano nella direzione di semplificare e non vincolare l’organizzazione e la gestione del personale degli enti del Snpa a logiche meramente sanitarie e alla disciplina dei relativi Ordini professionali.
Dal momento che viviamo in un mondo in cui l’informazione ha assunto un ruolo sempre crescente ed è in costante evoluzione, poi, è necessario che il Sistema consolidi la propria capacità di raccontare e condividere l’immenso patrimonio di conoscenze di cui dispone, sapendosi porre come interlocutore “di peso” per gli operatori della comunicazione con ogni mezzo (da quelli tradizionali ai social network) e, anche qui, valorizzando le competenze presenti nelle strutture interne dedicate.
Sulla base di condizioni di rinnovata forza e autonomia, il Snpa può svolgere un ruolo importante nello scenario che si sta profilando in Italia e in Europa?
Con la pandemia di Covid-19, il nesso ambiente/salute si è imposto con forza ancora maggiore. Su questo, il Sistema ha saputo agire da catalizzatore delle proposte di studio e di programmi di attività integrate, proposte progettuali nell’ambito del Next Generation EU per consentire di interpretare più compiutamente le interrelazioni tra impatti sanitari, qualità dell’ambiente e cambiamenti climatici. Diversi progetti (come Pulvirus ed Epicovair sul rapporto tra qualità dell’aria e Covid-19 o Sari per la sorveglianza epidemiologica della pandemia tramite lo studio delle acque reflue) sono stati attivati con il coinvolgimento diretto di molti rappresentanti del personale del Sistema. Oltre alla valenza scientifica diretta, questi progetti creano le basi per lo sviluppo di una piattaforma scientifica interdisciplinare, in particolare con il mondo della sanità, utile per il futuro.
Stiamo gettando le basi per un “nuovo” monitoraggio ambientale, inevitabilmente interdisciplinare, che sappia identificare e valutare i rischi per la popolazione e per l’ecosistema. Stiamo costruendo una “scienza dell’esposizione” che tiene insieme i saperi di chimici, biologi, fisici, tossicologici, epidemiologi, matematici, informatici, ingegneri ambientali e medici. Su questo nuovo sapere le istituzioni possono impostare politiche di prevenzione, di riduzione del rischio e di risposta rapida ai potenziali impatti che siano solide e “science-based”, con l’obiettivo di aumentare la resilienza del paese.
Le competenze che il Snpa può mettere a disposizione in questo percorso sono molte: capacità analitiche laboratoristiche nei settori delle sostanze pericolose e in particolare degli inquinanti emergenti; nuove tecniche di tossicologia genomica predittiva; capacità di analisi di epidemiologia ambientale; conoscenza approfondita del territorio e capillarità dei sistemi di monitoraggio ambientale, anche con studi avanzati; sistemi di modellistica previsionale sui diversi sistemi ambientali. Tutti strumenti di grande importanza per informare e sostenere la progettualità che il nostro Paese deve mettere in campo per il rilancio, in un quadro europeo ben delineato dal Next Generation EU.
In tutto questo, quale contributo specifico può venire da Arpae Emilia-Romagna? Quale esperienza può portare l’Agenzia?
Arpae Emilia-Romagna viene da 5 anni di sperimentazione di un modello unico in Italia, in seguito al riordino istituzionale effettuato dalla Regione. L’Agenzia dal 2016 ha assunto infatti anche le funzioni di amministrazione attiva (autorizzazioni e concessioni) prima in capo alle Province e ad alcuni uffici regionali. Si tratta di un’esperienza che evidenzia l’importanza di adottare una visione unitaria della tematica ambientale e dell’energia, che sappia privilegiare l’aspetto di prevenzione.
È significativo che da sempre l’Agenzia ambientale dell’Emilia-Romagna si differenzi dalle altre Arpa per il significato della “p” presente nella sigla, che significa “prevenzione” e non “protezione”. Questa naturalmente non può restare una questione terminologica e programmatica, ma si deve tradurre in un orientamento generale agli aspetti di razionalizzazione delle procedure, semplificazione amministrativa, partecipazione a livello territoriale.
Come Arpae vogliamo proseguire sul percorso avviato di condivisione della conoscenza, accessibilità dei dati ambientali ed energetici, omogeneizzazione delle prassi operative, valorizzazione degli strumenti di certificazione ambientale. Ferma restando la necessità di mantenere un alto livello di vigilanza sul rispetto delle norme, siamo convinti che una comune assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori possa portare risultati migliori rispetto alla sola applicazione del tradizionale sistema di controllo.
L’impegno in questa direzione verrà portato dall’Agenzia anche nell’ambito del supporto alla Regione nell’elaborazione e applicazione di un nuovo Patto per il lavoro e il clima, che a breve fisserà gli obiettivi e le strategie per una ripartenza nel segno della sostenibilità.
Sottolineo, infine, la capacità di Arpae, grazie all’elevata professionalità del personale, di mettere in campo attività di assoluta avanguardia nel campo del monitoraggio (ad esempio sul tema della qualità dell’aria), nello sviluppo di strumenti modellistici e nello studio dei rischi ambientali per la salute umana.
Intervista a cura di Stefano Folli e Barbara Galzigna (Arpae Emilia-Romagna)