L’inquinamento da ozono in Abruzzo provoca danni limitati alla vegetazione e non desta particolari preoccupazioni. È quanto è emerso dallo studio condotto dall’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente (Arta), in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa, volto a stimare le concentrazioni dell’inquinante gassoso nell’aria, utilizzando come “bioindicatori” dei germinelli di tabacco, ovvero delle piantine appena germogliate, particolarmente sensibili all’azione ossidante dell’ozono. Il gruppo di ricerca si è avvalso della collaborazione dei professori Cristina Nali, Elisa Pellegrini e Giacomo Lorenzini.
Il biomonitoraggio, che avrà una durata di tre anni, è stato effettuato per la prima volta nel corso dello scorso anno, durante i mesi di luglio e agosto quando gli stomi sono aperti e le piantine in fase di crescita: tramite l’utilizzo contemporaneo delle centraline fisse gestite dall’Arta per il monitoraggio della qualità dell’aria, e delle piante, scelte proprie perché particolarmente sensibili all’azione dell’ozono, è stato implementato un indice per valutare il danno arrecato alla vegetazione. I risultati, giudicati confortanti, hanno rilevato concentrazioni fitotossiche di ozono tali da determinare un danno medio-basso, caratterizzato da lesioni di piccole dimensioni, in primo luogo sulla superficie superiore delle foglie.
“Il cambiamento climatico – afferma il direttore generale di Arta Abruzzo, Maurizio Dionisio – ci impone l’utilizzo di strumenti idonei a verificare i potenziali danni dell’ozono sulla vegetazione: l’assorbimento dell’inquinante produce, infatti, radicali liberi che indeboliscono la pianta rendendola facilmente aggredibile dagli agenti patogeni. Una valutazione delle concentrazioni sui ‘bioindicatori’, utilissima ai fini della salvaguardia della vegetazione agraria, semi-naturale e forestale e per il verde urbano – conclude Dionisio – risulta di fondamentale importanza per rendere ancor più capillare il monitoraggio della qualità dell’aria, diversificando le tipologie di controllo delle concentrazioni di questo temibile inquinante, nocivo per la salute”.
Nello specifico, le quattro stazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, situate a Cepagatti, Francavilla al Mare, Sant’Eufemia a Maiella e Pescara, hanno mostrato un andamento sostanzialmente decrescente dell’indice specifico AOT40, utilizzato per rilevare le concentrazioni dell’inquinante nei mesi estivi. Le stazioni di Cepagatti e Sant’Eufemia a Maiella hanno registrato valori più elevati rispetto a quelle di Francavilla al Mare e Pescara, ma tutti sotto la soglia di allarme.
Nel contempo, l’andamento degli indici di danno complessivi (IDC+F) ottenuti dal biomonitoraggio, ha evidenziato una scala progressiva di incidenza con livelli leggermente maggiori nei siti corrispondenti alle stazioni di Cepagatti e Francavilla a Mare rispetto a quelli ubicati nell’area delle stazioni di S. Eufemia a Maiella e Pescara. Per quanto più elevati, gli indici si sono sempre attestati mediamente sotto la soglia del valore “2”, traducibile in un’incidenza del danno di tipo medio-bassa.
Quanto è emerso avvalora il fondamentale ruolo del biomonitoraggio quale metodo integrante e non suppletivo del monitoraggio convenzionale. Il vantaggio, insito nell’impiego di bioindicatori, è essenzialmente da addurre alla possibilità di visualizzare e misurare direttamente, in modo immediato e inequivocabile, il reale impatto che l’inquinante ha su un sistema biologico sensibile.