Insieme ad aria e acqua, il suolo è l’elemento che permette la vita sulla terra. Fonte dell’alimentazione ed elemento chiave dei cicli geochimici, può essere distrutto fisicamente in tempi molto brevi o alterato chimicamente e biologicamente sino alla perdita delle proprie funzioni. Rappresenta la base fisica delle attività umane e, insieme al sottosuolo, fornisce le risorse necessarie per il sostentamento e lo sviluppo dell’umanità.
In Italia, sono oggi irreversibilmente persi circa 23.000 km2 di suolo: il fenomeno continua a crescere, seppur con un sensibile rallentamento nella velocità di trasformazione.
Il JRC stima per l’Italia una perdita di suolo per erosione idrica superiore a 8,50 tonnellate/ettaro*anno (la media europea è di circa 2,46 tonnellate/ettaro*anno).
I siti di interesse nazionale (SIN) sono attualmente 40; quelli da bonificare registrati nelle anagrafi regionali sono circa 22.000 (il procedimento di bonifica è concluso per circa 10.000).
Nell’ambito delle procedure di bonifica dei SIN la fase di caratterizzazione del sito, in riferimento al suolo, è stata ultimata per il 65% della superficie totale dei siti mentre il procedimento di bonifica risulta concluso in modeste porzioni dei SIN.
Per quanto riguarda le attività estrattive, nel 2014 erano in vigore 143 concessioni minerarie, di cui solo 86 in produzione (la situazione attuale non dovrebbe discostarsi). Restano aperte le problematiche ambientali relative alle
centinaia di siti minerari abbandonati, 321 dei quali presentano un grado di rischio ecologico-sanitario alto e medio-alto.
Nel 2014, su 4.489 cave con autorizzazione in vigore, ne risultavano produttive solo 2.652.
Nonostante il suolo fornisca servizi ecosistemici di enorme valore e svolga funzioni ecologiche e socioeconomiche fondamentali, ancora non esiste una specifica normativa di riferimento per la sua protezione.
Nell’ultimo decennio, la comunità scientifica si è mobilitata per accrescere la consapevolezza sulla gravità dei fenomeni di riduzione della funzionalità dei suoli e di perdita totale delle coperture pedologiche.
Nell’ambito della Conferenza Rio+20, è stata riconosciuta la necessità di azioni urgenti per invertire il processo di degrado del suolo; il monitoraggio del territorio è presente nell’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
A livello europeo è ripresa l’attività per definire un apparato normativo di protezione dei suoli; a livello nazionale è in discussione una legge relativa al consumo di suolo (disegno di legge n.2039), che riconosce l’importanza del suolo come bene comune e risorsa non rinnovabile, fondamentale per i servizi ecosistemici che produce, anche in funzione della prevenzione e della mitigazione degli eventi di dissesto idrogeologico e delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici.
In Sardegna a Oristano, gli organi istituzionali non fanno tali giuste valutazioni, forse manca questa consapevolezza, ad esempio non è stato considerato un impatto negativo ostativo per la localizzazione nel procedimento Regionale di VIA il fatto che un progetto (speculativo) che prevede di localizzarsi sul suolo agricolo irriguo, sottraendo tale risorsa di 70 ettari, per un campo solare termodinamico, avendo alternative il territorio sardo da proporre per installare impianti produttivi energetici come le aree industriali dismesse, altri siti alternativi con suoli improduttivi ex cave abbandonate, aree che non generano impatti visivi negativi per il paesaggio che deve essere tutelato dai professionisti che si occupano di ambiente- Ma pare che non sia così- cosa ne pensate?
Le chiedo: è forse un problema legato alla proprietà dei terreni utilizzati? Perché spesso anche queste iniziative energetiche sono di iniziativa privata. Questa è una questione che deve essere preventivamente regolata dal Comune di appartenenza tramite la pianificazione generale del territorio, individuando a priori quelle aree che lei segnala come più favorevoli ed escludendone altre. Come rifletteva Oscar Wilde nel suo testo “l’anima dell’uomo nel Socialismo”, la proprietà privata ha rovinato indistintamente tutti gli uomini: chi non ce l’ha perché a causa di questo soffre la fame e chi ce l’ha perché si identifica completamente con questa proprietà e diventa egoista e incapace di vedere i bisogni degli altri. Per fortuna che negli anni 70 del Novecento un importante corpo di leggi urbanistiche italiane ha cercato di sottrarre il destino del territorio alle mani della proprietà assoluta dello stesso (es L. 10/77). Però negli ultimi anni questo corpo legislativo è stato in gran parte smantellato e la proprietà ha ripreso forza a scapito della “funzione sociale” che dovrebbe avere ai sensi della nostra Costituzione. Adesso ci sono nuove leggi quali quelle sull’Accordo di programma e sui metodi perequativi (perequazione) che permettono di arrivare ad accordi con gli enti territoriali in modo che a fronte di inziative private su territori in proprietà vengano bilanciati gli interessi privati ed il beneficio pubblico. Si informi sul testo della legge urbanistica regionale della Regione Sardegna, dovrebbe aver recepito questi nuovi principi, dopodiché orientarli in senso sociale deve essere la parte politica a cui noi cittadini, si sa, possiamo partecipare “solo” con il nostro voto, oppure impegnandoci personalmente. Le faccio un grande in bocca al lupo per la Sua Terra di Sardegna così meravigliosa.