Api domestiche, bombidi, apoidei selvatici e farfalle sono tra i principali impollinatori delle piante. A loro si deve l’85% la riproduzione delle piante selvatiche e oltre il 70% delle colture agrarie, per un valore economico calcolato in Italia pari a circa 2 miliardi di euro l’anno (Rapporto Capitale Naturale 2019).
C’è allarme in Europa per la continua diminuzione di api e impollinatori selvatici. Urgente capire quante e quali sono le minacce per la loro sopravvivenza in particolare nelle aree protette. Insieme al Ministero dell’Ambiente, Federparchi e Università di Torino, Ispra ha promosso una giornata formativa rivolta al personale tecnico dei Parchi Nazionali per fare il punto sui progetti di monitoraggio e per l’attuazione di misure di tutela degli insetti impollinatori. L’incontro si è svolto il 24 febbraio a Roma e ha visto la partecipazione di molti esperti dei Parchi da tutta Italia.
A destare allarme in Italia e in Europa è il continuo declino di api e impollinatori selvatici. Il Rapporto 2019 dell’IPBES, l’Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services dell’ONU (l’Ipcc della bioversità, per interderci) ha calcolato una diminuzione di api selvatiche e farfalle pari al 40-50% e dimostrato che il declino degli insetti è otto volte più veloce di quello dei mammiferi, uccelli e rettili. Alla base del fenomeno ci sarebbero molteplici fattori: uso di prodotti fitosanitari, pratiche agronomiche che non lasciano habitat per queste specie di insetti, i cambiamenti climatici, l’inquinamento ambientale diffuso e la presenza di specie esotiche invasive.
Davanti ad una perdita di biodiversità così significativa, la Commissione europea ha approvato una risoluzione per affrontare l’emergenza. Il ministro dell’Ambiente ha emanato, a sua volta, nell’ottobre 2019, una direttiva che prevede un’azione unitaria in tutti i Parchi italiani.
Nel corso della giornata sono state presentate le metodologie condivise a livello europeo per monitorare le api e gli altri impollinatori, così da ottenere dati che siano confrontabili nel tempo anche con quelli rilevati negli altri paesi europei. Metodologie in corso di sperimentazione nell’ambito di un progetto portato avanti da Ispra, in collaborazione con Arpa Piemonte, Università di Torino e Università di Roma Tor Vergata per verificare l’efficacia delle misure del Piano d’Azione Nazionale sull’uso dei prodotti fitosanitari per la tutela di habitat e specie, fra cui gli impollinatori.
I parchi italiani hanno presentato le iniziative messe in campo per monitorare il fenomeno e capire quali siano le migliori azioni per arginarlo. Oltre al monitoraggio delle popolazioni, dovrebbero essere eliminati del tutto e sostituiti alcuni prodotti fitosanitari che risultano pericolosi per le api e gli altri impollinatori. E’ necessario inoltre realizzare fasce tampone con specie nettarifere nei campi coltivati e sensibilizzare gli agricoltori all’uso di pratiche agronomiche che mantengano gli habitat idonei per le specie impollinatrici.
(foto Vincenzo Ferri – Università Tor Vergata)
E’ necessario eliminare dalla produzione ed uso Neonicotinoidi e ogni altra sostanza o pesticida tossico o pericoloso per gli impollinatori, tra cui disseccanti e diserbanti che eliminano la flora utile.
Imponendo tecniche di produzione biologica, sostenute ampiamente dai pagamenti agroambeintali europei (ormai dal 1992), che coprono tutti i mancati ricavi i maggiori costi più un 20% per le spese burocratiche di transazone, più un 30% in caso di azioni collettive, che a questo punto dovrebbero essere obbligatorie vista la mancanza di ostacoli di natura economica e la supremaza costituzonale del bene Salute ambientale, come quelle operate dai Sindaci, tutori della salute dei cittadini, con ordinanze di divieto di impiego di pesticidi chimici sintetici.
Fasce di sicurezza utili alla biodiversità devono essere imposte inolte a chiunque confini con aziende biologiche, per evitarne la contaminazione, come sancito nel 2011 dalla sentenza del tribunale di Pistoia che ha imposto tolleranza zero nei rapporti di vicinato agricolo e agricolo domestico. Tali fasce in cui sono interdetti i pesticidi sintetici (di almeno 300 metri in assenza di vento) vengono finanziate attraverso l’inserimento nelle misure agro-climatico-ambientali dei PSR regionali, insieme alla costituzione di aree rifugio, siepi ed agro-forestazione, coltivazioni di copertura fiorigene sulle colture arboree ecc. Abbiamo tutto a disposizione da decenni. Non usiamo denaro pubblico per sostenere illegittimamente chi sa pesticidi, bensì chi non li usa.
Nel caso del corona virus, abbiamo visto bloccare un’intera nazione per ridurre le mortalità influenzali di qualche presumibile migliaio…
Come è possibile che non si vietino i pesticidi sintetici, nel momento che sono la principale concausa di patologie croniche e degenerative che causano centinaia di migliaia di morti ogni anno in Italia?
Tanto più che nel rpimo caso facciamo fallire l’economia e spendiamo una marea di miliardi…
mentre nel secondo caso siamo noi a utilizzare fondi europei disponibili creando richhessa e risparmiando decine di milairdi di spese sanitarie riducendo le patologie degenerative.
Sto cercando di coltivare piante floreali sul terreno del mio lavoro. Vengo criticato fortemente da i miei colleghi di lavoro. Questo treno normalmente è abbandonato a parte qualche periodico sfalcio con decespugliatore. Quello che ho proposto darebbe ordine, sarebbe a lavoro completo a bassa manutenzione e naturalmente favorirebbe gli impollinatori con fiori varii e di fioritura in diverse stagioni del anno.
Questo atteggiamento negativo lo si vede dappertutto con sfalcio di aiuole lasciando solo erba a livello terreno e addirittura lo stritolamento della plastica non raccolta.
Ci vuole più intelligenza e senso comune collettivo.