Gestire i rifiuti comporta delle responsabilità, sia da parte degli amministratori che dei cittadini. Chi ha il compito di governare le nostre città deve organizzare la raccolta dei rifiuti urbani in modo da garantire la differenziazione di qualità per favorirne poi il riciclo. Ma anche i cittadini devono dare senso al proprio far parte di una comunità, impegnandosi nella differenziata ma anche in comportamenti corretti anche su aspetti più banali ma molto importanti.
In questo anno di pandemia durante il quale abbiamo dovuto prendere confidenza con l’uso dei dispositivi protettivi individuali, le mascherine, abbiamo visto e continuiamo a vedere, gli effetti di comportamenti irresponsabili con tanti di questi oggetti che si trovano ovunque, lungo le strade, sulle spiagge, nei boschi. Ciò è incomprensibile è inaccettabile, non è possibile che delle persone possano pensare di gettare ovunque i rifiuti, in questo caso ancora più a rischio, trattandosi di dispositivi che potrebbero favorire la diffusione del virus. Chi si comporta così non è degno di essere considerato una persona civile.
La stima fatta da ISPRA sui rifiuti derivanti da DPI (mascherine e guanti), alla fine del 2020, era compresa approssimativamente tra le 160.000 e le 440.000 tonnellate, In particolare, la produzione di rifiuti da mascherine giornaliera su scala nazionale – sino a fine 2020 (circa 240 giorni) – si attesterebbe tra le 60.000 e le 175.000 tonnellate di rifiuti, mentre quella relativa ai guanti, che porta un ulteriore contributo alla produzione di rifiuti essendo obbligatori anch’essi in alcuni contesti, è approssimativamente compresa tra le 400 e le 1.100 tonnellate.
Ma veniamo alla questione dei dati.
La disponibilità dei dati ambientali è essenziale per contribuire al formarsi di opinioni avvedute e favorire processi decisionali efficaci. Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, istituito con una legge del 2016 approvata all’unanimità dal Parlamento, che ha messo in rete, con una soluzione “federale”, Ispra e le 21 agenzie regionali e delle province autonome, è il fornitore dei dati “ufficiali”. Questo carica di responsabilità il Sistema, che ha quindi il compito di raccogliere i dati che recupera attraverso le proprie attività di monitoraggio di tutte le matrici ambientali (aria, acqua, suolo, agenti fisici), organizzarli e diffonderli. Tutto questo usando procedure di qualità “certificate”, che garantiscano pienamente la correttezza e veridicità dei dati forniti.
Si tratta di un patrimonio enorme, in continua evoluzione, presente nelle banche dati dei 22 enti (Ispra, Arpa, Appa) che compongono il Sistema, e che devono essere integrate. Si tratta di un impegno da “far tremare i polsi”, ma anche da solo giustificherebbe l’esistenza del SNPA.
Per quanto riguarda i rifiuti, la situazione è molto più avanti che su altre tematiche ambientali. Infatti Ispra da tempo pubblica il “Catasto nazionale dei rifiuti“, nel quale si trovano:
- i dati relativi alla produzione e raccolta differenziata dei rifiuti urbani, fino al dettaglio comunale per gli anni 2010-2019, fino al dettaglio provinciale per gli anni 2001-2019; quelli relativi alla gestione dei rifiuti urbani per gli anni 2015-2019 e sui costi di gestione dei rifiuti urbani per gli anni 2011-2019;
- i dati sulla produzione e la gestione dei rifiuti speciali per gli anni 2014-2018.
Per tutti questi dati è possibile scaricare le informazioni in formato aperto e riutilizzabile.
In questo articolo utilizzerò i dati ricavati dal Catasto per alcune considerazioni sui rifiuti urbani, con particolare riferimento ai dati relativi alla % di raccolta differenziata.
La normativa europea, successivamente recepita da quella italiana (D. Lgs. 152/2006), aveva da tempo indicato l’obiettivo minimo del 65% da raggiungere entro il 2012 (mentre il 45% doveva essere raggiunto nel 2008). Da allora sono passati quasi dieci anni e solamente il 60% dei comuni italiani (dati 2019) ha raggiunto e superato questo livello di raccolta differenziata, e questi comuni corrispondono al 52% della popolazione, con differenze molto significative fra una regione e l’altra.
L’Italia nel settembre 2020 ha recepito le direttive del “Pacchetto Economia Circolare” con gli obiettivi di riciclo dei rifiuti urbani: almeno il 55 per cento entro il 2025, il 60 per cento entro il 2030, il 65 per cento entro il 2035 e una limitazione del loro smaltimento in discarica non superiore al 10 per cento entro il 2035.
Nella tabella che segue si riepiloga il quadro della situazione, con il dettaglio regionale, dal quale si rileva una situazione piuttosto differenziata riguardo ad entrambi gli aspetti, andando da un massimo di 663 kg di rifiuti urbani (RU) prodotti per abitante in Emilia-Romagna ai 354 della Basilicata, con una percentuale di raccolta differenziata (RD) che varia fra il 74,7 del Veneto e il 38,5 della Sicilia.
Dall’analisi di dettaglio dei dati, per tutte le dimensioni di comuni, appare abbastanza chiaramente che il quantitativo di raccolta differenziata è strettamente collegato alla volontà e capacità, a livello del singolo comune, di gestire la raccolta dei rifiuti, puntando o meno davvero con impegno su questa pratica.
Infatti comuni con dimensioni e caratteristiche simili presentano dati anche molto lontani (superiori all’80% o inferiori al 20% di RD), mostrando con chiarezza che sono necessarie politiche mirate puntuali rivolte a premiare e sanzionare gli amministratori locali in relazione ai loro comportamenti, in quanto questi dati pesano e determinano le scelte relative alle modalità di gestione dei rifiuti ed al loro smaltimento.
Nelle seguenti tabelle interattive (è possibile ordinare i dati per ciascuna colonna e fare ricerche all’interno) sono contenuti i dati di tutti i comuni italiani, nella prima >10.000 abitanti e nella seconda di dimensioni inferiori.
Marco Talluri (https://ambientenonsolo.wordpress.com)
(in alcuni articoli pubblicati sul mio blog ho effettuato analisi simili fino al dettaglio comunale per la Toscana e la Campania)