Hanno sorvolato il Mediterraneo e il deserto del Sahara per raggiungere l’agognata meta africana e qui trascorreranno diversi anni prima di tornare in Italia per iniziare a nidificare. Una lunga e avventurosa migrazione al contrario quella compiuta dai primi due capovaccai rilasciati la scorsa estate nella Murgia Materana, che ha visto i due piccoli avvoltoi impegnati a percorrere migliaia di chilometri in pochi mesi. Jane e Leonardo sono riusciti a raggiungere, rispettivamente, Niger e Mali, e qui resteranno per alcuni anni, sino a quando, all’approssimarsi dell’età adulta faranno ritorno verso il Mediterraneo alla ricerca di luoghi idonei dove riprodursi.
E’ questo, infatti, l’obiettivo del progetto europeo Life Egyptian Vulture con il quale si punta a incrementare la popolazione di questo avvoltoio, ormai in via d’estinzione, nel nostro Paese. Caduto in disgrazia in tempi moderni, un tempo il capovaccaio (Neophron percnopterus, questo il suo nome scientifico) era rispettato e protetto dagli antichi egizi, a tal punto da divenire uno degli ideogrammi dell’alfabeto geroglifico ancora oggi visibile su obelischi e tombe dei Faraoni. Nutrendosi di animali morti e rifiuti organici, lo “spazzino della natura” aiutava le antiche civiltà del Mediterraneo a mantenere sano l’ambiente e proteggere l’uomo da pestilenze e malattie. Da effige di antichi imperi, oggi il capovaccaio è diventato vittima di bracconaggio e di altre minacce (elettrocuzione, avvelenamento, perdita di habitat, disturbo), ridotto in Italia a pochi esemplari. Compito del progetto Life è di farlo tornare nel nostro Paese, puntando anche all’allevamento in cattività e al successivo rilascio in natura.
E se Jave e Leonardo ce l’hanno fatta ad affrontare la difficile prova della migrazione, non altrettanto bene è andata per un altro esemplare. Noè si era fermato in Sicilia dopo il rilascio e poi aveva proseguito con un volo no-stop per oltre 570 km sul mare aperto. A 40 km dalla Libia è affogato nelle acque del mare: non ha retto allo sforzo del lungo percorso e alle difficili condizioni del vento, che gli hanno impedito di seguire una rotta diretta. Un decesso naturale che avviene soprattutto ai giovani inesperti, quando non sono ancora in grado di scegliere i percorsi meno pericolosi e valutare i rischi legati alle condizioni meteorologiche.
Tutti gli spostamenti degli avvoltoi sono seguiti costantemente dai ricercatori dell’Ispra e dell’Associazione Centro Rapaci Minacciati (Cerm) grazie ai GPS di cui sono stati dotati prima del rilascio.
Occhi puntati, quindi, sui segnali inviati dagli apparecchi di altri tre capovaccai rilasciati a Matera. Dopo una sosta migratoria in Sicilia e nel versante calabrese dello Stretto di Messina, dovrebbero partire a breve per il viaggio più lungo, e più rischioso, verso l’Africa subsahariana.
Mancano all’appello gli ultimi due esemplari degli otto rilasciati ad agosto. Il settimo era in cattive condizione di salute ed è stato recuperato quasi subito in Puglia. Dell’ottavo purtroppo si sono perse le tracce del Gps quasi subito. (ARP)