Confermata la presenza della PSA al confine tra Piemonte e Liguria, il Ministero della Salute con il supporto dell’Unità di crisi entrale e il Gruppo di esperti in materia di PSA, ai quali ISPRA partecipa, ha attivato le procedure per la delimitazione dell’area infetta e per contrastare l’ulteriore diffusione della malattia.
Ispra ha diffuso una serie di chiarimenti in merito alla gestione della peste suina.
Perché è importante sospendere qualsiasi tipo di attività venatoria nella zona infetta da Peste suina africana?
Perché si tratta di attività che comportano un duplice rischio: la movimentazione di cinghiali potenzialmente infetti sul territorio, soprattutto conseguente al ricorso di tecniche che utilizzano i cani, e la diffusione involontaria del virus attraverso calzature, indumenti, attrezzature e veicoli.
Perché è importante regolamentare qualsiasi tipo di attività venatoria nell’area confinante con la zona infetta (entro 10 km dal confine)?
Perché, considerati i rischi che comporta per la diffusione della Peste suina africana, è importante che siano adottate modalità di prelievo venatorio, volte a limitare al massimo il disturbo ai cinghiali per non aumentarne la mobilità, unitamente a misure di biosicurezza in grado di ridurre il rischio di diffusione del virus come effetto della contaminazione di indumenti, scarpe, materiali e veicoli.
La comparsa della Peste suina africana è dovuta alle elevate densità di cinghiale?
No, la comparsa del virus è totalmente indipendente dalle densità di cinghiale. Le popolazioni di cinghiale infette più vicine all’Italia vivono a diverse centinaia di km di distanza. La comparsa dell’infezione nel cinghiale in Piemonte e Liguria è sicuramente dovuta all’inconsapevole introduzione del virus da parte dell’uomo.
L’elevata densità del cinghiale favorisce la persistenza del virus?
La densità del cinghiale non ha effetti significativi sulla persistenza in natura della Peste suina africana. La notevole resistenza del virus nell’ambiente fa sì che la malattia continui a circolare per anni, anche in popolazioni di cinghiale a densità bassissime (es. circa 0,5/km2).
Allungare il periodo consentito per la caccia in braccata in questa fase epidemiologica è utile a prevenire la diffusione delle Peste suina africana?
No. In questa fase in cui è ancora in corso di definizione l’area effettivamente interessata dall’infezione, è anzi fortemente consigliato evitare qualsiasi attività che possa causare la dispersione degli animali sul territorio e con essa la possibile diffusione del virus, sia in modo diretto, aumentando la mobilità di eventuali cinghiali infetti, sia in modo indiretto, come effetto della contaminazione di indumenti, scarpe, materiali e veicoli.
Secondo le simulazioni effettuate, per poter rallentare significativamente la diffusione della Peste suina africana si dovrebbe rimuovere nel brevissimo periodo la quasi totalità della popolazione di cinghiale (circa il 90%), obiettivo irrealistico da raggiungere nella gran parte dei contesti presenti sul territorio nazionale.
La presenza del lupo contribuisce alla diffusione della Peste suina africana?
La presenza del lupo non appare avere effetti rilevanti sulla diffusione della Peste suina africana. Recenti studi effettuati in aree infette della Polonia, hanno verificato l’assenza totale del virus nelle feci di lupo, dimostrando che il passaggio nel tratto intestinale ne provoca la degradazione completa. Inoltre gli enzimi presenti nella saliva danneggiano la superficie esterna del virus limitandone l’infettività. Al contrario, il lupo potrebbe contribuire a limitare la circolazione della Peste suina africana sia predando di preferenza gli individui malati, sia consumando le carcasse infette.
Cosa fare se si trova una carcassa di cinghiale in un’area al di fuori della zona infetta?
Segnalarla immediatamente ai Servizi veterinari regionali, mediante il numero appositamente creato da ciascuna regione o eventualmente utilizzando il 112, fornendo indicazioni sull’ubicazione precisa e opportuna documentazione fotografica del ritrovamento.
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ISPRA sottolinea la necessità di seguire rigorosamente le indicazioni tecniche della autorità nazionali competenti (con le quali ISPRA collabora costantemente) e l’importanza cruciale della ricerca attiva delle carcasse di cinghiale, da segnalare immediatamente ai Servizi veterinari regionali in caso di ritrovamento.
Le indicazioni della autorità nazionali competenti sono articolate nei tre livelli territoriali individuati: zona infetta; area confinante con la zona infetta (entro 10 km dal confine); intero territorio nazionale.
Nella zona infetta è prioritario assicurare una gestione della popolazione di cinghiale coordinata e efficace, con l’unico scopo di ottenere nel breve periodo l’eradicazione del virus, condizione essenziale per riprendere le normali attività di allevamento, caccia, trekking, mountain biking, utilizzo del bosco e fruizione pubblica delle aree naturali in essere precedentemente all’epidemia.
Al di fuori della zona infetta e dell’area confinante, al momento l’unica prescrizione delle autorità nazionali competenti riguarda la movimentazione dei cinghiali vivi; resta ferma per le autorità locali competenti la possibilità di introdurre ulteriori misure restrittive.
qualche gg fa ho sentito, durante zapping, un pezzo di intervista a un qualcuno che sosteneva che la popolazione dei cinghiali in zona doveva essere sterminata per rimuovere la PSA. Questo indica che vi sarà sicuramente qualcuno che cercherà di opporsi e contrastare le politica suggerita da ISPRA. Quindi due domande:
1) è stata messa in atto una campagna di educazione della popolazione alla problematica?
2) quanto riescono a essere imposte le regole suddette e verificata la loro applicazione?
Salve Dino, rispondiamo alle sua domande.
La sensibilizzazione e informazione delle categorie maggiormente coinvolte dall’arrivo della peste suina africana (allevatori e cacciatori) è in corso già da molti mesi, a cura delle autorità sanitarie e con la partecipazione degli esperti di ISPRA, almeno per quanto riguarda gli aspetti di natura epidemiologica. Considerato che con l’arrivo della malattia il bacino delle attività (produttive e ricreative) interessate dalle misure restrittive si è enormemente ampliato, ISPRA ha deciso di aprire un canale di informazione attraverso il sito web con lo scopo di fornire, oltre agli aggiornamenti sugli sviluppi della situazione, le risposte ai principali quesiti che vengono posti all’Istituto sia dai singoli cittadini che da tecnici e operatori interessati.
Quanto alla seconda domanda, la verifica del rispetto delle misure restrittive spetta alle autorità locali competenti. Ad oggi non si dispone di informazioni quantitative in merito ad eventuali violazioni delle disposizioni né segnalazioni in merito a fenomeni diffusi di mancato rispetto delle misure restrittive.
(Ispra)
Buongiorno, io mi chiedo perchè di fronte a indicazioni che dimostrano come la densità dei cinghiali non sia un fattore determinante nè per l’introduzione della PSA, ma nemmeno per favorirne la presenza o l’endemizzazione, le istituzioni dei territori coinvolti continuano a prendere provvedimenti basati sul depopolamento e sull’aumento dei prelievi venatori (sia pure selettivi), anche in deroga alle vigenti leggi (caccia con visore notturno, senza limiti di giornate, ecc).
Numerosi studi dimostrano inoltre come un massiccio prelievo venatorio aumenti la prolificità della specie. Allora mi chiedo se quste misure siano efficaci, o piuttosto un contentino ad alcune categorie.
Non sarebbe meglio puntare sulla messa in totale biosicurezza degli allevamenti, anzichè decimare (inutilmente) una specie, con tecniche peraltro anche pericolose per le persone?