Scoperti 200 camini vulcanici nei mari della Sicilia, grazie alla campagna oceanografica condotta da Ispra, in collaborazione con Ismar-Cnr e altri enti. Sulla rivista scientifica “Plos One” i risultati della ricerca. Decine di strutture a forma di cono, composte soprattutto da ossidi di
ferro, con un’altezza variabile da 1 a 4 metri ed una base con un diametro medio di circa 3.8 metri, queste strutture mostrano delle vere e proprie bocche idrotermali, alcune delle quali emettono fluidi acidi ricchi di gas costituito prevalentemente da anidride carbonica.
La scoperta è stata fatta durante una campagna oceanografica condotta nel 2015 a bordo della nave Astrea dell’Ispra, per esplorare, tramite l’utilizzo di un robot filoguidato dotato di una videocamera (ROV – Remotely operated underwater vehicle), una zona del fondale siciliano compresa fra l’isola vulcanica di Panarea e quella di Basiluzzo, che precedenti ricerche avevano già evidenziato come particolarmente interessante a seguito dell’esplosione sottomarina verificatasi negli stessi fondali nel 2002.
I dati raccolti e le analisi di laboratorio, per le quali hanno collaborato anche l’Università e l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC) di Messina, insieme all’Università di Genova, hanno permesso di ipotizzare che la causa dell’effetto idrotermale sia dovuta ad una risalita di gas profondi che innescano una circolazione di acqua marina nel sottofondo e provocano fuoriuscite dai camini vulcanici e da altre aree adiacenti.
Quella dell’Ispra è stata l’ultima di una serie di campagne condotte in collaborazione con l’Ismar-Cnr, l’Ingv e la Marina Militare, a bordo delle navi oceanografiche delle varie istituzioni. Nel dare notizia della scoperta i ricercatori hanno voluto ricordare in modo particolare la figura di Giovanni Bortoluzzi, oceanografo dell’Ismar-Cnr, scomparso prematuramente nel 2015, il quale ebbe l’intuizione iniziare le ricerca in quest’area.
Lo studio Exceptional discovery of a shallow-water hydrothermal site in the SW area of Basiluzzo islet (Aeolian Archipelago, South Tyrrhenian Sea): an environment to preserve), è stato pubblicato su Plos One.