Un momento di cambiamento è quello che gli psicologi comportamentali sostengono essere più adatto per proporre il cambio di abitudini, che più che mai connotano le scelte di mobilità e di trasporto delle persone. Per questo anche una piccola indagine sugli impatti ambientali della mobilità ridotta nel periodo di emergenza può rappresentare l’occasione per riflettere sulle scelte personali di mobilità.
LA NORMA
Il Decreto Rilancio1 ha tra le misure previste rafforzato il ruolo di una figura che ha un ruolo specifico nella mobilità sostenibile: il mobility manager, il quale si occupa di facilitare le scelte di mobilità consapevoli dei dipendenti. La norma infatti stabilisce l’adozione da parte di imprese e amministrazioni di un piano degli spostamenti casa lavoro con il supporto e la collaborazione del mobility manager, il quale si occupa anche di promuovere l’attuazione di interventi di mobilità sostenibile. E’ in corso attualmente la fase di conversione in legge che potrebbe recepire eventuali emendamenti.
La figura del responsabile della mobilità aziendale è presente nel nostro panorama dalla metà degli anni 90, introdotta per l’emergenza smog dell’epoca (ancora irrisolta in vaste aree del nostro paese) e che di recente è stata rilanciata a livello normativo dopo l’emergenza post COVID19.
E’ bene riprendere brevemente la storia di questa figura. Il ministro dell’epoca, Ronchi, stabilì nel 1998 che ogni organizzazione con più di 800 dipendenti, o con unità operative superiori ai 300 dipendenti, dovesse individuare un responsabile della mobilità aziendale. Il decreto introduceva anche la figura del mobility manager d’area che avrebbe avuto un ruolo − presso i comuni, le provincie e le regioni − di promozione, di formazione e di coordinamento tra le aziende e amministrazioni pubbliche.
L’idea di fondo di chi introdusse questa figura, sulla base di esperienze estere, era di agire sul fronte del governo della domanda di mobilità senza intervenire sul lato dell’offerta (come per esempio la costruzione di nuove strade o la realizzazione di nuove linee di trasporto pubblico). Gli spostamenti casa-lavoro (così come quelli casa-studio) sono cosiddetti “sistematici” perché sono programmabili e costanti per gran parte dell’anno quindi hanno buona possibilità di trovare soluzioni diverse dall’auto privata.
Successivamente il Collegato ambientale alla Legge di stabilità 2016 (L 221/15) ha introdotto il mobility manager scolastico e il decreto Clima 2019 ha impegnato tutte le pubbliche amministrazioni ad agire in conformità al raggiungimento degli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici e al miglioramento della qualità dell’aria.2
L’obiettivo del mobility manager è quindi favorire il cosiddetto “split modale”: ridurre la percentuale d’uso individuale dell’auto in favore di altre soluzioni.
LA PRASSI E L’EFFICACIA DEL MOBILITY MANAGER DI ENTE E DI AZIENDA
Il mobility manager è l’interfaccia tra i vertici dell’azienda e i lavoratori, deve analizzare la mobilità di questi ultimi redigendo un piano degli spostamenti casa-lavoro, programmando di conseguenza gli interventi, cercando di disincentivare l’uso del mezzo privato del singolo dipendente in favore di soluzioni di trasporto collettivo o dell’uso della bicicletta o di forme di condivisione dei mezzi di trasporto (carsharing e carpooling).
All’epoca della sua introduzione non esistevano né soluzioni di mobilità “smart” e condivisa né un’adeguata sensibilità dell’opinione pubblica e di aziende e pubbliche amministrazioni.
Questa figura ha avuto una vita travagliata tra l’obbligo derivato da un tipo di norma priva di incentivo/risorsa e di sanzione, dato alle aziende private e agli enti pubblici. Per loro natura il traffico e l’inquinamento infatti sono classiche esternalità negative che è difficile imputare a chi le produce anche se i suoi effetti ambientali, sociali ed economici sono ormai noti. È il settore dove è necessario un ruolo del soggetto pubblico di coordinamento, di stimolo, di prevenzione che fino ad oggi è mancato.
Il legislatore è intervenuto successivamente negli ultimi anni per introdurre questa figura nelle scuole con il “mobility managment scolastico” e riducendo significativamente la soglia minima delle unità utili di personale per la nomina da parte di imprese e pubblica amministrazione, nel recente “Decreto Rilancio” abbassandola a quota 100 dipendenti.
Non sono tuttavia previste dalle nuove norme risorse specifiche per formare e qualificare questa figura nei luoghi di lavoro e studio, e spesso la volontarietà e l’approccio proattivo delle varie organizzazioni sulla cosidetta responsabilità sociale o nel Bilancio di sostenibilità nella pubbliche amministrazioni, è l’unica spinta alla diffusione di questa figura. Nel settore privato si inizia a parlare di mobility managment in combinazione ed integrazione con altre figure chiave: il “fleet management” cioè chi gestisce le flotte aziendali e il “travel managment”, ovvero chi gestisce le trasferte del personale.
In buona sostanza si scopre la mobilità sostenibile per ridurre i costi aziendali e poi valorizzare, nei contesti più sensibili, la riduzione di impatto ambientale in termini di CO2.
ISPRA ha introdotto nel primo bilancio di sostenibilità la voce mobilità sostenibile in cui ha incluso dati sul mobility management, la gestione del parco veicoli e la gestione delle missioni.
IL SISTEMA DELLE AGENZIE E ISPRA
Nella realtà del SNPA sono ancora poche le agenzie regionali che hanno nominato questa figura e la geografia ricalca il bacino padano (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia) oltre che ISPRA. E’ quanto emerge dal questionario sullo smartworking appena pubblicato.
Nel contesto attuale, con le sensibilità presenti nel Sistema e con la missione istituzionale delle agenzie, questa figura può trovare un ambito di sviluppo in grado di supportare il cambiamento necessario in questa fase sia all’interno della propria organizzazione sia all’esterno testimoniando un ruolo proattivo di tutto il Sistema.
Alcuni esempi possono essere trovati nella sperimentazione obbligatoria del “lavoro agile”, prima quasi sconosciuta, oggi praticata in condizioni precarie ma con una testimonianza evidente nella riduzione di spostamenti non necessari – anche per attività in servizio come conferenze, riunioni, formazione – e della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Tutto questo sta generando benefici determinando una riduzione degli impatti ambientali negli spostamenti e anche un maggior appiattimento della curva degli orari di punta del trasporto pubblico.
Un secondo esempio è la promozione della nuova mobilità: sostenibile, condivisa, collettiva. Spesso il ruolo prevalente del mobility managment è l’erogazione di incentivi al trasporto pubblico. Sicuramente una misura valida (e tutt’ora non presente ovunque) ma che va superata in un’ottica del ticket di mobilità di cui si parla da anni che permetta a chi usa i mezzi meno impattanti ed ecologici (come la bicicletta o la micromobilità) di incamerare un vantaggio economico e chi fa altre scelte di avere un beneficio nullo o di rimetterci. Proprio come accade oggi con i più noti buoni pasto.
Ma la promozione della nuova mobilità ha un’ulteriore valenza per le agenzie ambientali. Ci occupiamo di misurare l’inquinamento atmosferico, di valutare piani ed interventi urbanistici. Sarebbe il caso di proporre in quelle sedi e quelle attività un nuovo modo di muoversi e pianificare supportando le amministrazioni nelle scelte ormai decisive e improcrastinabili su strumenti come PUMS. Una figura che coordini questi saperi multidisciplinari e offra soluzioni efficaci ai decisori è quanto mai necessaria.
Il SNPA possiede tutti gli atout necessari per giocare questo ruolo, e salire in sella in questa sfida fondamentale per il progresso del paese.
UNA ESPERIENZA CONDIVISA
Nella prassi delle buone pratiche le azioni più efficaci si sono dimostrate quelle che agiscono in rete, come nel caso di SNPA, che in questa occasione ha lavorato in sinergia e trasversalmente per un obiettivo condiviso di mobilità sostenibile al fine di rendere consapevoli gli utilizzatori del mezzo motorizzato in forma individuale che le loro scelte routinarie hanno un ‘peso’ sull’ambiente.
La misura esprime sicuramente un possibile punto di riferimento ma deve trovare riscontro in azioni concrete, visibili. Per questo è fondamentale adottare una forma di comunicazione efficace che riduca all’essenziale i dati significativi e li rappresenti in funzione di come vengono recepiti dalle persone.
Le indicazioni che provengono dalle scienze comportamentali che tengono conto delle esternalità ambientali, propendono verso un approccio che dovrebbe proporre soluzioni di default verde nel regime delle perdite, ovvero che mettano in evidenza al dipendente cosa perde rispetto a quello che guadagna.3
Nella indagine su mobilità e smart work durante il lockdown si è scelto di realizzare delle infografiche di sintesi per rappresentare i dati di analisi:
- Con numeri semplici rappresentativi della distanza percorsa e dell’impatto ambientale che era generato con le abitudini di mobilità nel periodo precedente.
- Con un ordine che richiama la gerarchia dei trasporti sostenibili, ovvero dal trasporto attivo a quello individuale motorizzato.
Per la raccolta dei dati sono stati coinvolti tutti i dipendenti di SNPA, quindi su base nazionale, con la conseguenza che le elaborazioni sono comparabili per tutte le agenzie e ISPRA e la comunicazione restituisce una visione di sistema. Questo metodo potrebbe essere applicato anche in successivi progetti di citizen science applicata alla mobilità sostenibile.
CONCLUSIONI
Raccogliere dati omogenei e confrontabili sulle abitudini di mobilità da una rete a scala nazionale ha la potenzialità di rappresentare le tendenze della mobilità e le propensioni delle persone a una scala diversa da quella urbana e consente di fare delle comparazioni tra le diverse regioni.
Infine in questo momento di riscrittura del Decreto Mobilità sostenibile nelle aree urbane e nel processo di conversione in legge del Decreto Rilancio si potrebbe considerare il ruolo delle reti di mobility oltre che locali nazionali (delle università, del SNPA,…) arrivando a proporre delle linee guida del processo di pianificazione del mobility manager di ente e di azienda in qualità; questo strumento potrebbe consentire il monitoraggio delle abitudini di mobilità (percorrenza e tempi) restituendo dati che le amministrazioni possono utilizzare per programmare le proprie attività e concorrere al conseguimento degli obiettivi del Green Deal (4) dei SDGS (5).
Domenico De Leonardis (Mobility manager ARPA Piemonte) e Giovanna Martellato (Mobility manager ISPRA)
NOTE
1 Art. 229 Misure per incentivare la mobilità sostenibile 4. Al fine di favorire il decongestionamento del traffico nelle aree urbane mediante la riduzione dell’uso del mezzo di trasporto privato individuale, le imprese e le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, con singole unità locali con più di 100 dipendenti ubicate in un capoluogo di Regione, in una Città metropolitana, in un capoluogo di Provincia ovvero in un Comune con popolazione superiore a 50.000 abitanti sono tenute ad adottare, entro il 31 dicembre di ogni anno, un piano degli spostamenti casa-lavoro del proprio personale dipendente finalizzato alla riduzione dell’uso del mezzo di trasporto privato individuale nominando, a tal fine, un mobility manager con funzioni di supporto professionale continuativo alle attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali di mobilità sostenibile. Il Mobility Manager promuove, anche collaborando all’adozione del piano di mobilità sostenibile, la realizzazione di interventi di organizzazione e gestione della domanda di mobilità, delle persone, al fine di consentire la riduzione strutturale e permanente dell’impatto ambientale derivante dal traffico veicolare nelle aree urbane e metropolitane, tramite l’attuazione di interventi di mobilità sostenibile. Per le pubbliche amministrazioni tale figura è scelta tra il personale in ruolo. Con uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite le modalità attuative delle disposizioni di cui al presente comma. Le amministrazioni pubbliche provvedono all’attuazione del presente comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente sui propri bilanci, e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
2 TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 14 ottobre 2019, n. 111 Testo del decreto-legge 14 ottobre 2019, n. 111 (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 241 del 14 ottobre 2019), coordinato con la legge di conversione 12 dicembre 2019, n. 141 (in questa stessa Gazzetta Ufficiale – alla pag. 1 ), recante: «Misure urgenti per il rispetto degli obblighi previsti dalla direttiva 2008/50/CE sulla qualita’ dell’aria e proroga del termine di cui all’articolo 48, commi 11 e 13, del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229.». (19A07885) (GU Serie Generale n.292 del 13-12-2019. Ciascuna amministrazione pubblica, di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, conforma le attività di propria competenza al raggiungimento degli obiettivi di contrasto ai cambiamenti climatici e miglioramento della qualità dell’aria.
3 Secondo le scienze comportamentali, ad esempio, le persone tendono a sovrastimare i tempi di percorrenza con mezzi di trasporto alternativi all’auto e a sottostimare i costi del trasporto individuale privato. Inoltre i dati ambientali di per se sono scarsamente considerati, mentre è fondamentale considerare l’esperienza di viaggio.
4. Green Deal Europeo– Mobilità sostenibile – GDE – Azioni per la mobilità a zero emissioni e la mobilità elettrica. La Commissione Europea punta a una riduzione del 90% delle emissioni di gas ad effetto serra nei trasporti del 90% entro il 2050 e al rafforzamento della mobilità elettrica.
nota
5. Sustainability Goal 11 – SGD11 – Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. Mobilità sostenibile. Potenziare il trasporto pubblico con particolare attenzione ai bisogni di coloro che sono più vulnerabili (donne, bambini, persone con invalidità e anziani).