Nell’ambito dei controlli routinari effettuati sulle acque di balneazione nel corso del mese di agosto, Arta Abruzzo ha riscontrato valori di proliferazione di “Ostreopsis Ovata”, una microalga potenzialmente tossica, in vari punti di prelievo antistanti il lungomare vastese. In particolare, in località Vignola, sono state riscontrate concentrazioni elevate, pari a 43mila cellule per litro, tali da far scattare la fase emergenziale e il conseguente divieto di balneazione.
Durante il mese di agosto, l’Agenzia regionale per la tutela dell’Ambiente ha effettuato un ampio monitoraggio su tutta la costa per valutare l’estensione dell’area interessata, campionando con cadenza giornaliera. A favorire la fioritura dell’Ostreopsis ovata, i lunghi periodi di stasi delle correnti marine, tipici nei mesi di luglio e agosto, le temperature dell’acqua superiori ai 22-23°C e le concentrazioni elevate di azoto e fosforo provocate dalle attività antropiche.
Il genere Ostreopsis è appartenente alla classe dei dinoflagellati (fitoplancton marino). Le specie più conosciute sono Ostreopsis ovata e Ostreopsis siamensis le quali sono generalmente bentoniche ed epifitiche (adese a differenti substrati come macroalghe, sedimenti o aggregati detritici). La forma è simile a quella di una goccia e nel loro ciclo vitale è inclusa la formazione di cisti di quiescenza. Le ultime ricerche hanno attribuito a queste due specie la produzione di ovatossine e palitossine putative. La palitossina è una delle sostanze naturali più tossiche, associata a intossicazioni umane a seguito di consumo di pesci o crostacei nonchè intossicazioni umane relative all’esposizione da aerosol tossico. Originaria del mare del Giappone, tali specie prediligono acque calde e tropicali ma in questi ultimi decenni, a causa dell’effetto serra e dunque dell’aumento delle temperature dei nostri mari, sono state ritrovate inizialmente nel mar Tirreno e infine, nell’estate 2008 e successivamente nel 2009, anche lungo le coste abruzzesi.
La maggior parte delle specie microalgali alloctone provenienti da mari tropicali è stata introdotta da acque di zavorra di navi mercantili. Nel caso dell’Ostreopsis ovata, la loro proliferazione è attribuita alla formazione iniziale di cisti di quiescenza nei sedimenti che, in condizioni ambientali favorevoli, ritornano lungo la colonna d’acqua per dare origine ad HAB (Harmful Algal Blooms – fioriture di microalghe pericolose).
Le persone che sono state esposte ad acque contenenti elevate concentrazioni di Ostreopsis ovata hanno manifestato sintomi quali dermatiti, faringiti, laringiti, broncocostrizioni a seguito della respirazione di aerosol tossico da essa prodotta.
Oltre all’Ostreopsis cf. ovata e all’Ostreopsis cf. siamensis, negli ultimi anni, sono sempre più numerose le segnalazioni di fioriture algali causate anche da altre specie potenzialmente tossiche quali Coolia monotis, Fibrocapsa japonica, Akashiwo sanguinea, Prorocentrum lima, Prorocentrum emarginatum, Amphidinium sp., Chattonella sp., Dinophysis sp. ecc.) lungo le coste italiane.
A differenza di molte altre specie dannose che fanno parte del plancton, Ostreopsis è una microalga bentonica e vive generalmente attaccata a macroalghe. E’ quindi rara nella colonna d’acqua ed è estremamente improbabile che si possa trovare in acque di zavorra ed essere introdotta con esse. Più probabile l’introduzione attraverso l’importazione di molluschi, principalmente ostriche, che possono ospitare alghe e quindi Ostreopsis sul loro gusci.
È anche inesatto che si tratti di una microalghe di origine tropicale. Nel Pacifico da dove potrebbe originare la specie più frequente del Mediterraneo, vivono molte specie di Ostreopsis a diverse latitudini. In particolare la specie mediterranea vive bene anche a temperature più basse.
Gentile Dottoressa Zingone, la ringrazio per il suo prezioso contributo in merito a questo articolo. Lavorando in Arta Abruzzo ed occupandomi in prima persona delle microalghe tossiche e non tossiche (autoctone ed alloctone) di questa nostra regione, mi sento presa in causa riguardo le sue osservazioni. Ci tengo a precisare e a risponderle dicendo che sicuramente, nel corso degli anni, ci saranno state altre cause e condizioni ambientali che hanno permesso alla specie Ostreopsis ovata di adeguarsi, proliferare ed evolversi ma se si è parlato di “acque di zavorra” e di “mari tropicali” è semplicemente perché, sin dalla prima comparsa di O. ovata nei nostri mari, si è sempre parlato, in molteplici pubblicazioni, sia della presenza di cisti di quiescenza della specie all’interno di “ballast water” e sia di condizioni ambientali correlate a temperature calde dell’acqua di mare (vedasi ad esempio una tra le tantissime pubblicazioni in merito: Accoroni et al., 2011; Anderson, 2009, Hallegraeff, 2010, Heisler et al., 2008, Faust et al., 1996, Rhodes, 2011…etc.etc).
Detto questo, per ulteriori osservazioni può sempre contattarmi privatamente dato è sempre un piacere risentirla.
Le auguro una buona giornata.
Cristina Ingarao