In un convegno all’università di Salerno si è fatto il punto sul risanamento dei siti contaminati in Campania. Avanza la conoscenza sullo stato dei terreni, resta difficile gestire le bonifiche.
La seconda edizione del convegno sul risanamento dei siti contaminati in Campania, promosso dall’università di Salerno lo scorso 19 ottobre, è stata l’occasione per fare il punto sullo stato dei lavori nella cosiddetta “Terra dei fuochi”. A che punto è la mappatura dei terreni agricoli per valutare se sono idonei alla coltivazione di prodotti alimentari? E a che punto sono le azioni di risanamento in quest’area di novanta comuni compresa tra le province di Napoli e Caserta? Queste sono alcune delle domande a cui hanno provato a rispondere esperti e rappresentanti delle istituzioni presenti nell’Aula delle lauree di ingegneria dell’ateneo di Fisciano.
Tra i relatori, Maria Antonietta Troncone, a capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere, nella cui giurisdizione ricadono quindici dei novanta comuni della Terra dei fuochi. Il giudice ha espresso apprezzamento per la sinergia tra istituzioni sul territorio, in particolare per il lavoro dell’Arpa Campania, di cui il magistrato ha auspicato il potenziamento. Sul piano delle bonifiche, il procuratore ha evidenziato che è spesso difficile individuare il soggetto che deve compierle: non di rado i responsabili dell’inquinamento sono aziende fallite o dismesse, o magari c’è un concorso di molte azioni inquinanti che si sono sovrapposte nel tempo in un unico luogo, per cui il più delle volte, nell’impossibilità di costringere i responsabili a porre rimedio ai guasti ambientali, sono i soggetti pubblici che devono provvedere alla bonifica. Spesso, però, i comuni non hanno le risorse per farsi carico di operazioni così complesse.
Un quadro difficile, dunque, dove tuttavia avanza la conoscenza sullo stato dell’ambiente, grazie a un lavoro di squadra in cui sono impegnate istituzioni con competenze tecnico-scientifiche, tra cui Università di Napoli Federico II, Ispra, Istituto superiore di sanità, Arpa Campania, Istituto zooprofilattico sperimentale Campania e Calabria. Al direttore tecnico dell’Arpa Campania, Marinella Vito, è toccato il compito di illustrare l’avanzamento delle indagini condotte sui terreni agricoli. I risultati di questo lavoro sono esposti sul sito istituzionale Arpac, in un’apposita sezione dedicata alla Terra dei fuochi. In attesa di un Regolamento sugli interventi di bonifica dei siti agricoli, il gruppo di lavoro sulla Terra dei fuochi, previsto dalla legge 6 del 2014, ha elaborato un modello scientifico ad hoc per valutare l’idoneità dei terreni all’utilizzo in agricoltura.
L’intervento del vicepresidente della Giunta regionale della Campania Fulvio BonavitacolaI risultati di questo lavoro, secondo il vicepresidente della Giunta regionale della Campania, Fulvio Bonavitacola, qualificano la Terra dei fuochi come un’entità «mitica». «Per anni – ha sostenuto l’esponente dell’esecutivo regionale – si è offerta di questo territorio un’immagine peggiore di quello che è in realtà. È necessario un risanamento identitario di questa terra, prima ancora che ambientale. Non si può negare l’esistenza di siti contaminati, ma l’evidenza finora disponibile dimostra che ammontano a poche decine di ettari i terreni su cui è necessario vietare la coltivazione di prodotti alimentari, una percentuale davvero esigua del territorio indagato».
Sono intervenuti, tra gli altri, la senatrice Maria Domenica Castellone, il procuratore di Salerno facente funzione, Luigi Alberto Cannavale, il direttore generale dell’Istituto zooprofilattico sperimentale Campania e Calabria, Antonio Limone, inoltre Vincenzo Belgiorno, ordinario di ingegneria sanitaria-ambientale all’università di Salerno e coordinatore del progetto RiCeRCa dedicato appunto alla Terra dei fuochi. La senatrice Castellone ha sottolineato che di recente la Commissione Igiene e Sanità del Senato ha approvato una proposta di legge sull’istituzione del Registro tumori nazionale. Il procuratore Cannavale, in linea con l’intervento della collega di Santa Maria Capua Vetere, ha evidenziato le criticità nella normativa che rendono difficile costringere i responsabili dei reati ambientali a compiere le bonifiche.