Ad un anno dall’insediamento e dall’entrata in vigore della legge 132, che ha istituito il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, il direttore generale di Arta Abruzzo Francesco Chiavaroli traccia il bilancio del suo operato e anticipa le “prossime mosse”.
Sull’onda della riforma SNPA, di cui è convinto assertore (con un’unica puntualizzazione), Chiavaroli vuole «rendere pienamente operativa in Abruzzo la nuova governance ambientale» e portare l’Arta a «ottimali livelli di funzionalità, efficienza, efficacia, economicità, imparzialità e trasparenza».
Non a caso l’agenzia abruzzese è oggi in prima linea in tutti i tavoli istituzionali, regionali e nazionali, a cui è chiamata a contribuire per la tutela e il monitoraggio ambientale ed ha avviato un dialogo aperto con il territorio, a cominciare da ordini professionali e associazioni, senza dimenticare l’importanza dell’informazione chiara, completa e veloce rivolta alla popolazione.
“Partecipazione” è dunque il concetto chiave della sua visione professionale e personale, che unisce competenza ed esperienza, con una buona dose di sensibilità verso la sfida tecnologica, visto che su suo impulso Arta è approdata sui social network al passo con le Arpa più “audaci”.
Architetto, dipendente (in aspettativa) del Comune di Cepagatti, in provincia di Pescara, dove ricopre l’incarico di responsabile del settore Urbanistica, già componente esterno del Comitato di Coordinamento per la Valutazione di Impatto Ambientale (CCR-VIA) della Regione Abruzzo, con una ricca esperienza nel settore e un master di II livello in “Diritto e gestione dell’ambiente e del territorio”, Chiavaroli ama innanzitutto il suo Abruzzo, che definisce una «terra speciale». Ed è probabilmente questo a fare la vera differenza in positivo per chi ricopre un posto come il suo.
Di seguito l’intervista rilasciata ad AmbienteInforma, nella quale Chiavaroli commenta l’anno trascorso e racconta i suoi progetti da direttore di Arta.
Quali sono i principali obiettivi che si prefigge di raggiungere durante il suo mandato di direttore generale di Arta Abruzzo?
Mi sono insediato come direttore generale di Arta Abruzzo il 13 gennaio dello scorso anno, il giorno precedente all’entrata in vigore della legge 132 del 2016 che ha ridisegnato l’assetto delle agenzie regionali per la tutela dell’ambiente e dell’Ispra.
Professionalmente non provengo dal mondo delle Arpa, quindi conosco Arta solo come parte integrante del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente. La parola per me dirimente è “sistema”: un’innovazione fondamentale introdotta in questo contesto dal legislatore, che condivido pienamente nel suo intento estremamente riformatore.
Sin dal mio primo giorno alla guida di Arta, infatti, punto a rendere pienamente operativa in Abruzzo la nuova governance ambientale, convinto che le scelte importanti di gestione, unitarie e condivise, permetteranno una maggiore protezione dell’ambiente in tutte le sue matrici. Sono altrettanto convinto che la gestione unitaria del “sistema” ambientale italiano darà anche un contributo essenziale all’eliminazione, o quanto meno alla riduzione delle differenze organizzative tra le pubbliche amministrazioni del nord e del centro-sud del Paese, retaggio storico dei due secoli passati.
La nuova concezione europeista del nostro Stato le rende non più tollerabili: l’ambiente non può che essere inteso in senso sovranazionale e, a maggior ragione, i confini regionali non hanno più ragion d’essere in questo ambito. Tornando al mio incarico, l’Abruzzo è sicuramente una terra speciale, con tre Parchi nazionali, un Parco regionale, un’area marina protetta e oltre 30 riserve naturali. Non mancano criticità: ad esempio, nel “ventre” del Gran Sasso convivono l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, due gallerie autostradali tra le più lunghe d’Europa e la captazione di acqua potabile per oltre 700.000 utenti. Per armonizzare questo prezioso e impegnativo scenario occorre vigilare e Arta è oggi in prima linea in tutti i tavoli istituiti dalla Regione Abruzzo sulle problematiche ambientali del territorio, come la discarica di Bussi o gli effetti del sisma aquilano. In Arta abbiamo poi un’eccellente esperienza nella formazione, che implementeremo in funzione delle nuove competenze attribuite alle agenzie dalla legge 132.
Autorevolezza e terzietà sono le due facce della stessa medaglia per un’agenzia di tipo tecnico-scientifico. Come pensa di affermare questi caratteri fondanti di un’Arpa?
Ho iniziato la mia attività in Arta incontrando i dipendenti in servizio nei cinque distretti, i sindacati, le associazioni ambientaliste, i vertici di Confindustria Abruzzo e i rappresentanti degli enti che a vario titolo sono coinvolti nei processi di tutela ambientale. Con il presidente della giunta regionale Luciano D’Alfonso e il sottosegretario alla presidenza con delega all’ambiente Mario Mazzocca vogliamo dare un nuovo impulso all’agenzia in termini di riorganizzazione interna e di protagonismo fattivo nel Sistema nazionale e regionale. Sono convinto che Arta debba avere un ruolo non solo di controllo, come dire, di “ispezione postuma”, ad esempio rispetto al mondo produttivo, bensì di consulenza preventiva nella predisposizione e gestione delle complesse pratiche ambientali che oggi occorre promuovere per uno sviluppo economico corretto e sostenibile. Senza contare le nuove indicazioni procedurali introdotte di recente quali, ad esempio, quelle relative all’economia circolare che, constato in prima persona, si fa fatica a comprendere e attuare.
In sostanza, penso che il tempo sia un fattore determinante in termini di tutela dell’ambiente e di sviluppo economico sostenibile e pertanto ritengo che i colleghi di Arta che giornalmente affrontano tali pratiche complesse con grande professionalità e non poche difficoltà organizzative debbano continuare a contribuire attivamente con i dipartimenti regionali alla semplificazione dei procedimenti di istruttoria e controllo, concordando tra le strutture procedure univoche, senza appesantimenti burocratici e lungaggini.
Quello delle Arpa/Appa è un sistema molto articolato: esistono per le agenzie vari gradi di relazioni – statale (SNPA e Ispra), regionale (leggi istitutive, bilancio e controlli) e locale (Comuni e imprese) – quindi per operare correttamente occorre bilanciare i vari livelli e intraprendere lo sforzo di non trascurarne alcuno. Nel medesimo tempo ci è richiesta presenza costante nel SNPA, collaborazione continua con l’istituzione regionale e assistenza quotidiana agli enti locali e alle imprese, in un esercizio di sopravvivenza quotidiana non certo facile, che presuppone il mio impegno costante e quello di tutto il personale. Alla luce di queste considerazioni, nell’ottica dell’autorevolezza tecnico-scientifica, e aggiungo amministrativa-operativa, doteremo l’Arta di un apposito regolamento per il funzionamento degli uffici in attuazione dell’art.2 del decreto legislativo 165 del 2001, nell’intento ultimo di raggiungere ottimali livelli di funzionalità, efficienza, efficacia, economicità, imparzialità e trasparenza. In particolare, per fornire un’informazione chiara, completa e veloce all’utenza, verrà attribuita ad un unico ufficio la responsabilità complessiva di ciascun procedimento ambientale.
Con la legge 132/2016 è stato istituito sulla carta il Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente. Quello che stiamo vivendo è un momento costituente. Quali sono le luci e le ombre, dal suo osservatorio, di questa fase?
In Italia è in atto da tempo una riforma amministrativa sostanziale, ampia e pervasiva, orientata alla ricerca di più alti livelli di efficienza nell’utilizzo delle risorse umane ed economiche, di efficacia dei servizi e delle politiche, nonché di soddisfazione dei cittadini e delle imprese.
In questo scenario, il tema della ridefinizione delle strutture organizzative delle pubbliche amministrazioni e, quindi, anche delle agenzie ambientali, si è caratterizzato da subito come uno tra i principali. Per avere uffici pubblici più orientati ai bisogni dell’utenza, più responsabili e trasparenti nel proprio operato, meno costosi e più efficaci, più accessibili ai cittadini e alle imprese, si è reso da subito necessario rivedere l’organizzazione delle strutture, tanto a livello centrale quanto a livello locale e in questa ottica, a mio parere, si inseriscono perfettamente le scelte riformatrici operate dalla legge 132 del 2016, che appunto presuppongono un percorso “costituente” per il buono e corretto funzionamento del nuovo Sistema nazionale.
Si è trattato di un intervento ovviamente non esente da critiche, sotto alcuni aspetti, ma nella sua logica generale, ampiamente condiviso da quasi tutte le forze parlamentari. Esso ha quindi posto le basi per una vera e propria “rifondazione” della filosofia generale di organizzazione delle agenzie ambientali e del SNPA, disegnando a livello centrale un chiaro ruolo di indirizzo con compiti unitari per l’intero sistema e rimettendo l’adempimento dei compiti operativi alle leggi regionali di recepimento e quindi a nuovi strumenti di organizzazione per le singole agenzie. In questo processo di modernizzazione dell’universo amministrativo italiano, quindi, il SNPA avrà un ruolo centrale nella disarticolazione dei tradizionali livelli della pubblica amministrazione a beneficio di una nuova modalità organizzativa: un’operatività, dunque, ispirata dall’idea-guida del fenomeno della agencification, ovvero della disgregazione della pubblicazione amministrazione tradizionale, caratterizzata dalla distinzione tra apparati ministeriali e regionali da una parte, che debbono essere responsabili solo della elaborazione delle politiche ambientali, e le agenzie ambientali dall’altra, dotate di forte autonomia operativa, incaricate di svolgere le attività esecutive in base a precisi standard di rendimento e con diretta responsabilità nei confronti dei medesimi organi politici.
Le agenzia ambientali italiane sono sorte e si sono sviluppate in maniera episodica, al di fuori di una modellizzazione sistematica, con livelli di governo differenti e con caratteristiche disomogenee. Il nuovo sistema a rete dovrà essere in grado di dare indirizzi univoci a livello di competenze e organizzazione, nell’intento ultimo di consentire a cittadini e operatori economici di avere l’esatta cognizione dell’universo agenziale a prescindere dal luogo in cui essi vivono o operano. Personalmente esprimo un giudizio estremamente positivo sulla legge 132, con una sola puntualizzazione. La creazione delle agenzie ambientali nasce dall’esigenza, in linea con le esperienze di altri Paesi, di gestire in modo più snello ed efficiente una serie di attività, in specie quelle ascrivibili alle categoria delle operation. Va però sottolineato un dato specifico italiano: le agenzie sono soggetti di diritto pubblico, regolate dal diritto amministrativo e sottoposte alla disciplina del pubblico impiego. A mio avviso permettere alle Arpa un’effettiva autonomia operativa cogliendo l’opportunità della riforma sarebbe stato molto utile, sottraendole alla disciplina normativo-regolamentare della pubblica amministrazione e creando, ad esempio, organizzazioni regolate dal diritto privato. Mi rendo conto che si tratta di una svolta rischiosa, ma di certo avrebbe dato alle agenzie l’occasione per accreditarsi in una nuova forma operativa celere, autonoma e veloce, al passo con le esigenze ambientali della società attuale.
L’informazione ambientale dovrebbe essere uno dei tratti distintivi dell’attività di un’Arpa, come pensa di operare in tal senso?
Tra la tutela ambientale e il diritto all’informazione esiste una stretta interdipendenza: per nessun altro bene come l’ambiente, la circolazione adeguata delle informazioni e delle conoscenze, anche di carattere tecnico, è indispensabile per un’effettiva attività partecipativa, collaborativa e di controllo da parte di tutti i cittadini. Ciò presuppone la disponibilità tempestiva di informazioni continue, complete, obiettive, affidabili e soprattutto comprensibili. Dove non c’è una corretta e scientifica informazione, specie quella ambientale, le decisioni possono risultare opache, dai contorni indefiniti, distanti dai circuiti democratici, quindi lontane anche dagli interessi dei cittadini.
In Arta, grazie ad apposite risorse stanziate dalla Regione Abruzzo, stiamo progettando un nuovo prodotto informatico, che una volta espletato l’appalto, permetterà a tutti di leggere con tempestività i dati e le informazioni ambientali sul sito istituzionale. L’interazione diretta e immediata con l’utenza, realizzata anche con la costante pubblicazione dei dati, è necessaria per attenuare i conflitti sempre più ricorrenti, per neutralizzare in radice i motivi di contrapposizione, per rendere comprensibile la mancata opzione per scelte alternative alla decisione che sarà assunta anche con il contributo dell’agenzia, per creare cioè le condizioni dell’accettazione sociale delle decisioni che hanno riflessi sull’ambiente, fino – se possibile – alla condivisione dell’opera. In conclusione, la partecipazione in materia ambientale non può essere soltanto la “faccia procedimentale” di una posizione giuridica soggettiva, così come governata dalla legge 241 del 1990. Va garantita invece attuando procedure che coinvolgano scelte decisionali di ampia portata, possibili, appunto, solo con la pubblicazione in tempo reale dei dati e delle decisioni.