Pesticidi nelle acque, il monitoraggio del Snpa

Il recente Rapporto nazionale pesticidi nelle acque dati 2015-2016. Edizione 2018, pubblicato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) la scorsa primavera, offre numerosi spunti di riflessione sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee in relazione al massiccio utilizzo di sostanze di sintesi in campo agricolo e non solo.
Il rapporto è stato accolto con molto interesse, ma ha altresì generato una serie di preoccupazioni e talvolta di polemiche, vuoi per il titolo (nell’immaginario collettivo la parola “pesticidi” è legata a doppio filo alla pratica agricola), vuoi per il fatto che è stato letto impropriamente come una “classifica” tra le diverse regioni italiane in merito alla quantità di pesticidi utilizzati o ai livelli di contaminazione delle acque. 
Con questo contributo, partendo dalle conclusioni del rapporto, proviamo ad offrire alcuni spunti di riflessione sul tema, spiegando il ruolo dei diversi istituti pubblici delegati al controllo del territorio e la complessità d’organizzare una rete nazionale di monitoraggio ambientale. 

Senza ombra di dubbio, qualsiasi pratica colturale ha impatti sull’ambiente. Semplificando al massimo, ad esempio, un trattamento di diserbo è una pressione ambientale non solo per il consumo energetico diretto o indiretto, ma soprattutto perché comporta la dispersione di sostanze che possono permanere per tempi più o meno lunghi nell’ambiente. Ogni pressione è come un pugno sferrato da un pugile sul ring: fa sempre male, anche se al momento non sembra! Meno pugni si ricevono, meglio è; e se proprio li devo prendere cercherò di difendermi, di proteggermi in qualche modo.

Con riferimento ai pesticidi, le difese da adottare a tutela dell’ambiente sono molteplici: si possono razionalizzare, ridurre i dosaggi, oppure sostituire le molecole o adottare modalità di distribuzione a minor impatto ambientale.
Tutte queste opzioni sono da tempo all’attenzione dei ricercatori e dei tecnici di settore, che da molti decenni hanno affrontato con metodo rigoroso la materia compiendo molti passi in avanti. Tuttavia molta strada deve essere ancora fatta per capire il comportamento delle sostanze una volta giunte nel suolo. Questa è una materia di indagine molto attuale, che richiede competenze multisettoriali, necessarie a comprendere le modalità di degradazione delle molecole. Tali processi possono portare alla formazione di nuove molecole, dotate di un diverso profilo  tossicologico e di diffusione nell’ambiente, che si trovano sempre più frequentemente nelle acque superficiali o profonde.

MONITORAGGIO PESTICIDI
Sostanze più frequentemente rinvenute sopra agli standard di qualità ambientali rispettivamente per le acque superficiali (sinistra) e acque profonde (destra). Fonte: “Rapporto nazionalepesticidi nelle acque, 2015-2016”, Ispra, 2018, pag. 33.

Approfondire le conoscenze in questo campo è necessario per evitare di trovarsi in un prossimo futuro come un “pugile suonato”, che a forza di incassare un pugno dopo l’altro non è più in grado di reagire… leggi l’articolo integrale in Ecoscienza 5/2018

Autori: Marco Gani, Luca Marchesi 
Arpa Friuli Venezia Giulia, Sistema nazionale a rete di protezione dell’ambiente (Snpa) 

Altre risorse 

Ecoscienza 5/2018, servizi Agricoltura sostenibile e Monitoraggio fitofarmaci 

Rapporto Ispra sui pesticidi in Italia, 400 le sostanze ricercate nelle acque

Pesticidi nel fiume Po, il rapporto Ispra

Un pensiero su “Pesticidi nelle acque, il monitoraggio del Snpa

  1. Riflettere sui dati di monitoraggio è certamente necessario ma non sufficiente, soprattutto a distanza di quasi 10 anni dall’aggiornamento (tardivo) del decreto 152/2006 parte III (DM 260/2010) e di quasi 20 anni dalla direttiva quadro sulle acque.
    C’è il tempo della riflessione e c’è il tempo dell’azione.
    I risultati del monitoraggio indicano chiaramente una contaminazione diffusa delle acque da parte del glisosate, significativa per le acque superficiali, più contenuta per le acque sotterranee.
    Non conosco risultati su acque destinate al consumo umano, se ne parla poco.
    Non è necessario attendere che tutte le agenzie regionali adeguino i propri laboratori, per scoprire che oltre la metà dei corpi idrici superficiali italiani è interessata dalla contaminazione da parte del glifosate.
    Parlo di contaminazione perchè, dove si trova, sono sempre superati i valori standard di qualità ambientale.
    Si dice che lo standard di qualità ambientale del glifosate (0,1 ug/l) sia basso.
    E’ possibile. Ma allora si proceda a variarlo, lo prevede la normativa di settore.
    Delle mitigazioni da adottare nel corso dell’utilizzazione se ne parla da tanto tempo (le prescrivono anche le etichette), fasce tampone, siepi ripariali ecc. ma in certi casi evidentemente non sono sufficienti.
    Nel caso del glifosate la situazione è tale da richiedere di intervenire con le misure 11 e 12 del DM 10 marzo 2015, cioè con il divieto del prodotto e la sua sostituzione.
    Ma le regioni, salvo pochissime eccezioni, sembrano impotenti (o indifferenti) di fronte a questo problema.
    Spesso si conduce il discorso sulla probabile non cancerogenicità, dimenticando che ci sono anche i danni ambientali e non solo quelli sanitari.
    Mi chiedo se non debba intervenire lo Stato.
    Il Ministero della Salute ha competenza in fase di rilascio delle autorizzazioni dei prodotti fitosanitari.
    Può il Ministero dell’Ambiente informare il Ministero della Salute della contaminazione delle acque da parte del glifosate ? E’ un feed-back previsto dal regolamento 1107/2009.
    Può il SNPA sensibilizzare il Ministero dell’Ambiente.
    E’ vero c’è un problema di comunicazione.
    Non riusciamo a far capire allo Stato, alle Regioni che la situazione riguardo al glifosate è molto critica da un punto di vista ambientale.

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