Il Trentino è impegnato da tempo a migliorare la qualità delle sue acque e a tutelarle dalla presenza di fitofarmaci: un accordo siglato già nel 2015 fra Provincia, Associazione produttori ortofrutticoli trentini, Consorzio vini del Trentino e Fondazione Edmund Mach, a cui sono aggiunti anche i Consorzi irrigui, ha definito misure e percorsi per il raggiungimento degli obiettivi fissati in sede europea. Fra le azioni previste, anche il seminario tenutosi il 29 Novembre a Trento alla presenza del vicepresidente della Provincia e assessore all’urbanistica, ambiente e cooperazione Mario Tonina, del dirigente di Dipartimento Romano Masè, dai dirigenti dell’Appa Trento Laura Boschini e Raffaella Canepel, del presidente dell’ISPRA e SNPA Stefano Laporta e il Direttore generale ISPRA Alessandro Bratti.
Nei territori caratterizzati da agricoltura intensiva la qualità delle acque sotterranee e superficiali può essere sottoposta alla pressione diffusa dei fitofarmaci. Questo tipo di impatto però viene limitato utilizzando una serie di strategie e buone pratiche che possono essere applicate a tutti gli anelli della catena della gestione e somministrazione dei pesticidi. Si tratta quindi di mettere a sistema una serie di azioni che riguardano le amministrazioni pubbliche, le aziende, i tecnici agronomi, le società produttrici di fitofarmaci e di mezzi tecnici e il mondo della ricerca. Tutti questi attori sono stati protagonisti del seminario “La tutela delle acque da prodotti fitosanitari: azioni, sperimentazioni e innovazione” tenutosi oggi a Trento. Un’occasione preziosa per favorire il confronto fra territori diversi e fra tecnici ed esperti, esaminando metodologie, approcci, sistemi di monitoraggio e pratiche agricole che consentono di ridurre l’impatto delle sostanze chimiche utilizzate in agricoltura. A questo obiettivo si aggiunge inoltre la possibilità di creare reti tra amministratori, enti e centri di ricerca.
Il Trentino vanta in quest’ambito un’esperienza consolidata, come spiegato dal direttore generale del Dipartimento territorio agricoltura ambiente e foreste Masé. Il lavoro fatto in questi anni ha consentito da un lato di allineare tutti gli attori del sistema, di approvare nel 2015 l’apposito Piano di Tutela, un accordo di programma che definisce le misure volte a migliorare la qualità delle acque nei territori caratterizzati da agricoltura intensiva, e poi di avviare tutta una serie di azioni specifiche, illustrate nella sua relazione da Raffaella Canepel, dirigente del Settore tecnico di Appa Trento. Azioni che, in estrema sintesi, si articolano in protocolli specifici sulle problematiche e le sostanze monitorate, ma che puntano anche ad incrementare la produzione biologica, ad affinare il monitoraggio, a promuovere la collaborazione anche con i territori limitrofi.
Al centro dell’attenzione, infatti, in Trentino, a differenza che in altre regioni italiane, vi è non tanto l’inquinamento di origine industriale, contrastato efficacemente anche dai depuratori, ma soprattutto quello originato dalle attività agricole. Oltre al bando del Chlorpirifos, che ha consentito di recuperare 8 corpi idrici, è cresciuta l’attività di ricerca, condotta assieme alla Fondazione Mach, il soggetto scientifico di riferimento, per ottenere sostanze meno impattanti. Un altro problema affrontato è stato quello dell’uso scorretto dei caricabotte, utilizzati per miscelare le sostanze poi irrorate nell’ambiente. In Trentino ne sono stati censiti 330. La Provincia ha varato nuove linee guida, che hanno definito fra la l’altro le distanze minime da osservarsi rispetto alla presenza di acque superficiali o siti sensibili, e ha emesso un bando per finanziare il loro adeguamento. Attualmente l’attenzione è rivolta al tema del lavaggio dei mezzi agricoli, spesso effettuato in maniera scorretta, e che in particolare in alcuni periodi dell’anno può a sua volta generare problemi di concentrazione delle sostanze inquinanti. L’ipotesi su cui si sta ragionando riguarda la possibilità di prevedere la realizzazione di impianti di lavaggio consortili.
Nel prosieguo della giornata i lavori si sono articolati in tre workshop:
– Contaminazione puntiforme e diffusa da prodotti fitosanitari nelle acque: quali le soluzioni da adottare?
Al centro dell’attenzione le soluzioni tecnologiche e le modalità applicative più idonee ai diversi contesti regionali, per ridurre il rischio di contaminazione delle acque da prodotti fitosanitari attraverso fonti puntiformi e diffuse.
Coordinatore: Paolo Balsari, Università di Torino
– Approccio ai diversi metodi di valutazione dell’impatto dei prodotti fitosanitari sull’ambiente e sulla salute umana
Partendo dalle esperienze di diverse realtà regionali, iil workshop si è proposto di valutare se gli indici per la classificazione dei fitofarmaci già esistenti possono essere validi e applicabili anche in Trentino.
Coordinatore: Gastone Dallago, Fondazione E. Mach
– Il monitoraggio efficace dei fitofarmaci nei corsi d’acqua
L’obiettivo è definire quali siano gli strumenti per indagare lo stato di qualità di un corso d’acqua sottoposto a pressione di fitofarmaci.
Ulteriori informazioni su: http://www.appa.provincia.tn.it/seminario_tutela_acque
Altre risorse in AmbienteInforma
Il monitoraggio di farmaci ed erbicidi, anteprima Ecoscienza 5/2018
Ho partecipato al seminario di Trento che è stato molto interessante e devo fare i complimenti sinceri agli organizzatori.
Fra le altre cose ho potuto apprezzare come una forte sinergia fra produttori e amministrazione pubblica locale, la provincia autonoma di Trento, abbia condotto ad importanti risultati in linea con la direttiva 128/2009 sull’uso sostenibile dei pesticidi. In tre anni hanno “debellato” il clorpirifos un insetticida pericoloso per l’ecosistema inserito fra le sostanze inquinanti prioritarie dalla normativa sulle acque. L’intervento si è reso necessario a causa del declassamento ambientale di 8 corpi idrici di quella provincia causati proprio dal clorpirifos. Dopo il provvedimento oggi la situazione è tornata regolare. Un esempio da seguire per molte regioni che a differenza del Trentino, salvo pochissime eccezioni, si dimostrano impotenti o indifferenti ad affrontare situazioni di analologhe. Spesso si trincerano sul fatto che non esistono efficaci prodotti sostitutivi, ma l’esperienza trentina sembra contraddire tale affermazione.
Anche i loro disciplinari di lotta integrata sono d’esempio. Hanno ridotto del 70% il numero delle sostanze attive utilizzabili nelle varie colture rispetto a quelle previste dalla maggior parte degli altri disciplinari regionali. Cioè lavorano con circa 30 sostanze, scelte in modo oculato sia per gli aspetti ambientali che sanitari, rispetto alle 90-100 delle altre regioni, che spesso non sono altro che una mera riproposizione delle sostanze attive presenti sul mercato. Cioè riescono a fare quello che tutti gli altri dicono di non poter fare.
Mi auguro che al tavolo ministeriale che sta redigendo l’aggiornamento del Piano di Azione Nazionale si prenda spunto da questa importante esperienza e dai risultati di monitoraggio delle acque per apportare significative modifiche.
Il PAN in vigore ha probabilmente contribuito per gli aspetti formativi verso gli operatori e per gli aspetti omologativi delle macchine agricole, ma per quanto riguarda la riduzione dell’uso di sostanze pericolose per ambiente e salute ha francamente fallito, stando alle statistiche disponibili.