I trend storici dei dati dei recuperi toscani di cetacei e tartarughe mostrano un incremento negli ultimi anni. Questo fatto non è da attribuire ad un reale aumento della mortalità di questi animali, ma piuttosto ad una maggiore efficienza della rete regionale di recupero, che opera sempre più come sistema integrato e coordinato grazie alla realizzazione dell’Osservatorio Toscano Biodiversità della Regione Toscana.
La rete regionale per il recupero di cetacei, tartarughe e grandi pesci cartilaginei, costituitasi nel 2007 e consolidata anche grazie alle attività del progetto transfrontaliero Gionha, è oggi in via di consolidamento soprattutto grazie alle attività di coordinamento della Regione Toscana e al suo Osservatorio Toscano per la Biodiversità di cui alla L.R. 30/2015 (ex Osservatorio dei cetacei).
All’interno di questa rete, e nell’ambito di una procedura standardizzata di intervento, ARPAT riveste un ruolo di coordinamento tra le diverse parti interessate.
Al termine di ogni anno di attività ARPAT redige un report sul monitoraggio svolto, sui numeri e le specie registrate, i campioni analizzati ecc., riportando dati ed elaborazioni che in parte erano stati anticipati in occasione del workshop del 4 maggio 2018 su “Il Sistema Toscano per il controllo e la salvaguardia delle acque di balneazione e dell’ambiente marino”.
Per quanto riguarda i cetacei, nel 2017 si sono registrati 48 ritrovamenti lungo le coste toscane, più del doppio rispetto allo scorso anno.
Per quanto riguarda le diverse specie, il 58% dei ritrovamenti è a carico della stenella seguita dal tursiope, dal capodoglio e dallo zifio; cinque individui sono rimasti indeterminati a causa del pessimo stato di conservazione che non ha permesso un’esatta determinazione della specie (da attribuire comunque ad un piccolo cetaceo odontoceto).
Nell’87,5% dei casi si è trattato di spiaggiamenti di carcasse sugli arenili mentre per il 12,5% dei casi (6 stenelle) i delfini erano ancora vivi ed hanno ripreso il largo.
La distribuzione degli spiaggiamenti nell’arco dell’anno mostra che il 52% si è concentrato nei mesi invernali dicembre-marzo e maggiormente nella provincia di Livorno (60%).
Distribuzione geografica di tutti gli spiaggiamenti in Toscana nel 2017 (n=48)
Il report riporta nel dettaglio anche l’attività di recupero di 50 esemplari di tartarughe marine, tutti appartenenti alla specie più comune Caretta caretta.
Per i grandi pesci cartilaginei si sono registrate 21 segnalazioni (per un totale di 24 animali) di cui 11 erano eventi di avvistamenti, tra cui 10 esemplari di verdesca e 1 di squalo mako e 13 esemplari catturati in modo accidentale da attrezzi da pesca. Tra gli squali catturati accidentalmente da attrezzi da pesca, 8 erano ormai morti ma 5 (4 verdesche e 1 mako) erano ancora vivi e sono stati immediatamente rilasciati.
Esami necroscopici e analisi tossicologiche
Su 14 cetacei e 9 tartarughe è stata eseguita una necroscopia, da parte dei veterinari dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana sede di Pisa, per cercare di stabilire le cause di morte (vedi Report 2017 Rilievi diagnostici post mortem nei cetacei spiaggiati in Italia del Centro di Referenza Nazionale per le Indagini Diagnostiche sui Mammiferi Marini spiaggiati).
Lo scheletro dello zifio è stato recuperato dal Museo di Calci dell’Università di Pisa.
Su questi esemplari, benché non sempre le carcasse presentassero buone condizioni di conservazione, è stato eseguito un esame anatomo-patologico completo, ricerche batteriologiche, virologiche, parassitologiche, istologiche, sierologiche, genetiche e biotossicologiche. In relazione a queste ultime va specificato che i contaminanti specifici quali PPCB, Hg e pesticidi sono stati ricercati dall’Università di Siena, che si è occupata anche di indagare la presenza di plastiche ingerite.
Le indagini necroscopiche condotte sulle tartarughe hanno evidenziato segni legati ad un traumatismo, probabilmente rappresentato da collisioni con natanti e si conferma inoltre che spesso la causa di morte per questi animali è anche rappresentata dalla cattura accidentale da parte di attrezzi da pesca, soprattutto reti da posta. È frequente inoltre la presenza di plastiche di vario tipo negli stomaci degli esemplari esaminati.
Dai dati ottenuti quest’anno per i cetacei, possiamo notare un perdurare dell’epidemia da Morbillivirus che, iniziata sulle coste tirreniche meridionali nel 2016, si è estesa sulle nostre coste nel 2017. In generale l’origine infettiva è risultata la principale causa dello spiaggiamento, anche se spesso si è registrata una con-causa di diversi elementi (stato di nutrizione, immunodepressione, evidenti parassitosi ecc.).
Il report 2017 sui recuperi toscani contiene la scheda dettagliata di ogni esemplare recuperato e, per alcuni di essi, il referto necroscopico.
Analisi dei trend storici dei dati dei recuperi toscani di cetacei e tartarughe
I trend storici dei dati dei recuperi toscani, sia per i cetacei (1986-2017) che per le tartarughe (1990-2017), mostrano un incremento negli ultimi anni.
Questo fatto non è da attribuire ad un reale aumento della mortalità di questi animali, ma piuttosto ad una maggiore efficienza della rete regionale di recupero, che ha avuto un incremento della sua attività ed un migliore coordinamento, soprattutto nel flusso dell’informazione, a partire dal 2007, grazie all’impegno di Regione Toscana e alla realizzazione dell’Osservatorio Toscano Biodiversità.
È importante sottolineare anche che la Toscana è la regione con il più alto tasso di spiaggiamenti in Italia, così come evidenziato dal report sui dati acquisiti dalla Banca Dati Spiaggiamenti (BDS) nazionale nel 2017.
Il numero di spiaggiamenti per regione in senso assoluto non è di per sé molto significativo, in quanto la lunghezza delle coste è molto variabile; l’analisi diventa più interessante se si analizza il numero di spiaggiamenti rapportato ad ogni 100 km di costa: in questo caso si standardizza un valore che diventa 15 individui in Abruzzo (75 km), ad esempio, e 18 in Toscana (250 km), valori tutto sommato non molto diversi tra loro.
Questa semplice analisi sembra mostrare l’esistenza di tre diverse zone italiane:
- Mar Ligure e alto Tirreno con alta densità di spiaggiamenti (9 individui/anno/100km);
- alto Adriatico con alta densità di spiaggiamenti (10 individui/anno/100km);
- sud Italia con bassa densità di spiaggiamenti (2 individui/anno/100km).
Resta quindi da dimostrare che le due aree, alto Tirreno e Alto Adriatico, corrispondano effettivamente ad una reale maggiore concentrazione di cetacei. Date queste premesse, comunque, la nostra regione si conferma un’area di alto interesse dove continuare a lavorare con un impegno sempre crescente.
Testo a cura di Cecilia Mancusi