Anche nel caso di animali che vivono vicino a noi si può parlare di specie aliene, lo fanno Daniele Marini, medico Veterinario esperto in Invasive Alien Species (IAS) e Oliviero Olivieri, Università degli Studi Perugia.
“Le specie Alloctone sono considerate Invasive quando alterano la composizione e il funzionamento degli habitat e degli ecosistemi. In linea con questa affermazione, una specie Esotica può diventare una Specie Aliena Invasiva (Invasive Alien Species – IAS) quando funge da serbatoio o vettore di agenti patogeni o parassiti, cambiando le dinamiche di malattia e minacciando con l’estinzione le specie indigene (Kettunen et al., 2009). Quindi, le IAS possono minacciare la stabilità di ciò che è definito come One Health, nozione che include la salute umana, animale e ambientale, componenti che non dovrebbero essere considerati parti uniche, distanti e distaccate ma sistemi contigui, strettamente interconnessi, ciascuno dipendente dall’altro. Il fragile equilibrio intrinseco nel concetto di One Health è vulnerabile all’alterazione dovuta alle specie aliene e invasive.
L’epidemiologia, che studia la distribuzione, l’incidenza e il possibile controllo delle malattie, è messa a dura prova quando si parla di rischi sanitari legati alle invasioni biologiche, e deve essere affiancata dalla disciplina della Disease Ecology (ecologia delle malattie), che studia le interazioni patogeno-ospite all’interno del contesto ambientale ed evolutivo (Kilpatrick & Altizer, 2010). È necessario quindi specificare che la malattia è una condizione patologica di un ospite, a volte causata da un agente patogeno o parassita, e che, in senso stretto, non sono le malattie ad essere trasmesse tra gli ospiti, ma lo sono gli agenti patogeni e i parassiti che ne sono la causa. Gli agenti patogeni che vengono co-introdotti con una specie non nativa (o singolarmente movimentati) che hanno ripercussioni negative sulla biodiversità possono essere considerati Specie Aliene Invasive (Regolamento UE 2016/429), o meglio Patogeni Invasivi.
Come per altre IAS, “è fondamentale disporre di misure di rilevamento precoce e di eradicazione rapida per impedirne l’insediamento e la diffusione […], quando il numero di esemplari è ancora limitato” (Regolamento UE 2014/1143), anche se la valutazione precoce dei rischi e l’identificazione del potenziale patogeno alieno (a livello di specie o ceppo) rimane difficoltosa perché spesso c’è una mancanza di conoscenze sulla stessa specie invasiva o sulla sua virulenza prima dell’invasione oltre la distribuzione nativa (Roy et al., 2017).
Caratterizzare le vie di introduzione (pathways) in un nuovo territorio di una IAS è necessario per intraprendere delle azioni risolutive: esse possono essere intenzionali o non intenzionali. Animali da compagnia o ornamentali sono deliberatamente movimentati in maniera attiva per fini commerciali (per esempio alcune specie acquatiche vengono trasportate in vivai, acquari o laghi privati per essere riprodotte e vendute) o sono rilasciati perché pets indesiderati; possono essere introdotti in maniera inconsapevole e passiva fuggendo da privati, da stabulari o durante il trasporto. In modo simile – senza fare distinzioni tra microparassiti (virus, batteri, funghi e protozoi) e macroparassiti (elminti e artropodi) (Kilpatrick & Altizer, 2010) –, un organismo parassitario può essere trasportato al di fuori del suo raggio di distribuzione naturale insieme al suo ospite alieno, diventando co-introdotto; quando invece l’organismo co-introdotto è in grado di essere trasmesso a un ospite indigeno acquisisce lo status di coinvasore (Lymbery et al., 2014).
Per qualificare i rischi sanitari o gli impatti di un patogeno alieno bisognerebbe acquisire dati su prevalenza, patogenicità e virulenza nella sua nuova distribuzione, come anche dati riguardanti le dinamiche di trasmissione del patogeno (Roy et al., 2017). Per quantificare – con modelli compartimentali, e.g. SEIR model – la patogenicità e la virulenza di un patogeno in una determinata specie (quindi le dinamiche epidemiologiche) si ha la necessità di suddividere gli ospiti in classi basate sugli stadi unidirezionali di esposizione alla malattia (Kilpatrick & Altizer, 2010): Sensibili (alla malattia ma non ancora esposti); Esposti (infetti ma non ancora infettivi); Infettivi (infetti e in grado di trasmettere il patogeno); Recuperati (o immuni).
Le varie dinamiche di trasmissione dei micro/macroparassiti che possono presentarsi nelle diverse fasi dell’invasione biologica sono (Lymbery et al., 2014): Enemy release (“rilascio nemico”): gli ospiti alieni possono trarre vantaggi competitivi in quanto spesso hanno una prevalenza minore di parassiti rispetto gli ospiti nativi perché o possono esserne portatori di un minor numero o ci sono specifiche limitazioni del parassita nei confronti degli ospiti (Torchin et al., 2013); Spillback (“versare dietro”) e Dilution (diluizione): quando primariamente i parassiti sono trasmessi dagli ospiti nativi agli alieni, gli ospiti alloctoni possono fungere da amplificatori aumentando la propagazione dei parassiti verso ospiti indigeni (spillback) o da “diluenti” se invece riducono la trasmissione agli ospiti endemici (dilution); Pathogen Pollution (inquinamento da patogeni) o Spillover (traboccamento): gli ospiti alieni co-introducono dei nuovi patogeni o parassiti (alloctoni) che possono essere trasmessi agli ospiti indigeni portando conseguentemente all’instaurarsi di eventuali nuove malattie emergenti.”
L’articolo quindi illustra alcuni esempi che aiutano a comprendere alcune dinamiche legate alle invasioni biologiche, all’epidemiologia, alla disease ecology e ai pericoli sanitari dei pets esotici introdotti.
Fra gli esempi presentati, quello relativo allo “scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) (Commission Implementing Regulation EU 2016/1141), che, a seguito di questa inclusione, non può più essere commerciato in UE (Regolamento UE 2014/1143). Questo sciuride nord-americano è stato introdotto come animale da compagnia in molti paesi, per poi essere fuggito accidentalmente in natura o essere rilasciato intenzionalmente per scopi ornamentali. A partire dal 1948 in Italia, in particolare in Piemonte, tre su quattro introduzioni di 4-6 individui hanno avuto successo, dimostrando la facilità di adattamento di questa specie agli habitat europei con lo stanziamento di popolazioni autonome partendo da pochi individui – ovvero da una bassa “pressione di propagulo” (propagule pressure: la quantità, la qualità e la frequenza di rilascio che permettono la dispersione di un organismo) (UNEP-WCMC, 2010; Bertolino, 2008). Purtroppo questa IAS minaccia anche la regione Umbria con introduzioni avvenute forse nei primi anni 2000 (Life+ USAVEREDS).
In Europa lo scoiattolo grigio causa estinzione locale del nativo scoiattolo rosso o comune (Sciurus vulgaris) non solo tramite competizione, ma anche attraverso pathogen pollution e spillover. Il resistente invasore americano è un serbatoio e vettore infettivo dello squirrelpox virus, invece letale nei confronti del sensibile e vulnerabile nativo euroasiatico che molto probabilmente non è co-evoluto e non è mai stato esposto storicamente al patogeno verosimilmente alieno; in Nord Italia lo scoiattolo grigio non sembra essere portatore del virus (contrariamente a quanto accade in Gran Bretagna), ma se al red–grey squirrel system si aggiungesse anche lo squirrelpox virus lo scenario potrebbe divenire dei peggiori (Romeo et al., 2018). Inoltre, studi in Nord Italia suggeriscono che con alte probabilità lo scoiattolo grigio beneficia di competizione parassita-mediata nei confronti dello sciuride indigeno – soprattutto tramite il nematode gastrointestinale neartico Strongyloides robustus – attraverso enemy release, spillback e spillover (Romeo et al., 2014).
La Tularemia è una zoonosi causata dal batterio Francisella tularensis, altamente pericoloso a causa della sua bassa carica infettante, dalla sua medio-lunga persistenza in ambiente, e della sua facilità di disseminazione per contatto diretto (il batterio può addirittura penetrare la cute integra), via aerea, idrica, alimentare o trasmissione vettoriale tramite artropodi ematofagi. La malattia è ubiquitaria nell’emisfero boreale (Italia compresa) con un altissimo numero di ospiti (145 vertebrati e 111 invertebrati), i cui serbatoi naturali sembrano essere lagomorfi e roditori, ritenuti quindi animali sentinella (IZLER, 2019).”
L’articolo poi continua con altri esempi, conigli, testuggini, pesci, per concludere evidenziando come sia necessario “Il miglioramento della biosicurezza e la regolamentazione del commercio di animali selvatici (e non) sono urgentemente necessarie per prevenire ulteriori estinzioni (Scheele et al., 2019). L’implementazione di tecnologie sia tradizionali (es. istopatologia) che moderne (es. strumenti di biologia molecolari come l’eDNA – DNA ambientale) è richiesta per rilevare potenziali patogeni ed informare sulla gestione di questi rischi (Roy et al., 2017). Stabilire piani di sorveglianza passiva quando una specie introdotta pone rischi sanitari aiuterebbe ad impedire il diffondersi di malattie (Romeo et al., 2018) e un monitoraggio sanitario periodico effettuato attraverso severi protocolli di profilassi dovrebbe essere atto a rilevare precocemente la comparsa di patogeni.
Naturalisti, biologi, epidemiologi, patologi e parassitologi dovrebbero cooperare per ottimizzare la strategia di sorveglianza sanitaria (Marini et al., 2018). Le IAS, i patogeni e le malattie co-introdotte sono alcune delle concause che mettono a rischio la fitness e la salute delle popolazioni selvatiche.
Fattori antropogenici come l’inquinamento ambientale, i cambiamenti climatici, la degradazione, frammentazione e privazione degli habitat portano a conseguenze come stress e inbreeding che spesso concorrono sinergicamente provocando depauperamento del sistema immunitario.
L’assenza di adeguate difese fisiologiche rende ancora più vulnerabili le specie endemiche poco resilienti: il circolo vizioso, deleterio e cronico che si instaura potrebbe peggiorare ulteriormente se non si attueranno in coordinamento delle azioni concrete di conservazione e di prevenzione dei rischi sanitari.”
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