Con il temine specie alloctona o specie non indigena, comunemente indicata con il termine specie aliena, si intende una specie sia animale che vegetale che sia stata introdotta dall’uomo, accidentalmente o volontariamente, in territori dove non era presente.
Il problema delle specie aliene, soprattutto di quelle invasive, è ormai da alcuni anni di grande attualità, così come lo sono gli impatti che queste specie hanno causato e continuano a causare su ecosistemi, attività economiche e salute.
Dal punto di vista ecologico, una specie aliena invasiva è una specie che si diffonde dal punto di introduzione, con una certa velocità, e diventa prima stabile e poi prevalente all’interno della nuova area. Durante il processo di stabilizzazione, le densità sono molto basse ed è difficile rilevarne la presenza; così la specie ha tutto il tempo di stabilizzarsi ed espandersi in modo indisturbato, spesso cominciando ad essere rilevata solo quando ormai ha raggiunto densità consistenti.
Le specie aliene invasive causano impatti più o meno gravi su singole specie autoctone, su comunità e ecosistemi attraverso meccanismi come competizione, predazione, ibridazione, trasmissione di malattie, parassitismo. Le specie aliene invasive rappresentano per questo la seconda causa di perdita della biodiversità dopo la distruzione degli habitat. Delle 680 specie animali estinte documentate, le specie aliene invasive hanno avuto un ruolo importante nel 54% dei casi e nel 20% dei casi sono state l’unica causa che ha portato la specie nativa all’estinzione.
Esistono ambienti o contesti particolarmente suscettibili e vulnerabili alle specie aliene invasive: in questo senso, ambienti “invadibili” sono le acque interne, soprattutto per lo stretto legame tra attività umane e acqua e a causa della capacità e rapidità di dispersione di una specie una volta entrata nell’ambiente acquatico.
Nell’attività di monitoraggio di ARPAT sui corpi idrici toscani, numerose sono state le osservazioni di questo tipo di organismi ed in tal senso citiamo solo a titolo di esempio l’erba-alligatore – (Alternanthera philoxeroides) – osservata nel tratto fiorentino del Fiume Arno o la Ludwigia peploides, osservata nel tratto planiziale dell’Ombrone pistoiese e nel Fiume Arno in località Camaioni e nel caso di specie animali Corbicula fluminea è stata segnalata per la prima volta in Toscana nel Fiume Serchio.
In particolare, nei fiumi del comprensorio pratese, negli ultimi anni si sono registrati numerosi ritrovamenti di Molluschi appartenenti a specie esotiche come il bivalve Corbicula fluminea nei tratti planiziali del fiume Bisenzio (foto di copertina) o il gasteropode Sinotaia quadrata sia nell’Ombrone pistoiese che nel Fiume Bisenzio, che nel fiume Arno a valle dell’immissione dello stesso Ombrone pistoiese (foto a fianco che riporta la specie fotografata nel Bisenzio nei pressi del Parco dei Renai – Signa).
Proprio in merito a S. quadrata, ha suscitato interesse sugli organi di stampa locali la nota del Comune di Montelupo F.no che segnalava la presenza, nel tratto di fiume Arno che segna il confine tra i Comuni di Montelupo F.no e Carmignano, di numerose persone dedite alla raccolta di questi molluschi per scopo alimentare.
I quantitativi raccolti, oltre a rappresentare un concreto rischio sanitario alimentare legato alla qualità delle acque in cui questi organismi si sono sviluppati e sono stati raccolti, rimandano alla necessità di inquadrare correttamente quali impatti possano esercitare sull’ecosistema e sulle altre specie autoctone naturalmente presenti.
Abbiamo approfondito il tema delle specie alloctone invasive, presenti nei corpi idrici del comprensorio pratese, rivolgendo alcune domande a Simone Cianfanelli, curatore presso il Museo di Storia Naturale della Specola dell’Università di Firenze, esperto in molluschi ed autore di diversi articoli sulle specie alloctone tra i quali due volumi divulgativo/scientifici (“Molluschi. Biodiversità in Provincia di Prato” e “I Molluschi della Provincia di Pistoia: le specie da tutelare e quelle da combattere. Quaderni del Padule di Fucecchio”), riguardanti i molluschi del medio Val d’Arno.
Quale ruolo svolgono i molluschi negli ecosistemi acquatici e si possono considerare buoni “biondicatori” della qualità dei corpi idrici? Quante specie sono state osservate nei fiumi pratesi?
Come tutti gli organismi viventi anche i molluschi rientrano in una catena trofica con posizioni specifiche createsi con l’evoluzione, nel corso del tempo, con l’adattamento agli habitat in cui vivono. Alcune specie rientrano nelle normali diete alimentari di altri animali, dai piccoli invertebrati ai vertebrati (pesci, anfibi, rettili, mammiferi) altri, come i bivalvi, che vivono nelle acque dolci, sono filtratori e possono avere un ruolo nella condizione fisico/chimica dell’acqua.
I molluschi sono dei buoni indicatori biologici e sono tra gli elementi che vanno a determinare i parametri per gli indici di qualità ecologica che utilizzano la fauna macrobentonica come indicatore. Un tempo nel medio Val d’Arno erano presenti specie che oggi si trovano solo a monte di Firenze in affluenti che presentano migliori qualità delle acque.
Le specie del reticolo idrografico pratese sono circa 45, di queste 7 sono alloctone quindi circa 15%, ma la percentuale più inquietante, difficilmente calcolabile con precisione scientificamente, è la biomassa. Appare infatti, anche da indagini preliminari, impressionante il numero di individui delle specie alloctone, che sono predominanti rispetto alla native in maniera preoccupante.
Dalle indagini condotte in passato sul territorio pratese si son potute definire, anche in base alla legislazione corrente (L.R. 56/2000 e successiva L.R. 30/2015), le specie in lista rossa sul territorio (vedi Lori & Cianfanelli, 2005) molte delle quali in serio pericolo come, per esempio, Belgrandia thermalis che un tempo era diffusa nelle sorgenti e che oggi è presente in un’unica stazione.
Si possono individuare i principali fattori che rendono Sinotaia e Corbicula invasori di successo?
Entrambe le specie hanno un’elevata valenza ecologica (cioè riescono a vivere in habitat diversi) alla quale si aggiungono il modo di riprodursi e l’alta prolificità.
Sinotaia, che è una specie vivipara, cioè non depone le uova ma la prole si sviluppa all’interno del corpo della femmina, produce embrioni in continuazione. In un singolo esemplare si possono trovare contemporaneamente anche più di 50 individui a diversi stadi di sviluppo.
Corbicula fluminea, a causa della sua invasività, è considerata a livello mondiale tra le 100 specie peste e questi sono i punti che la rendono un invasore di successo:
- Specie eurioalina (si è quindi potuta diffondere con le acque di sentina delle navi)
- Anche se ermafrodita ha la possibilità di autofecondarsi (basta un individuo per dare vita ad una nuova popolazione)
- Alta fertilità (2000 individui al giorno 100.000 nell’arco della vita)
- Sopporta altissime densità (fino a 10.000-20.000 individui per mq; sono state registrate punte fino a 100.000 individui per mq)
- Sopporta anche ambienti parzialmente degradati
Possiamo presupporre un “rilascio volontario” di Corbicula e Sinotaia nei corpi idrici pratesi? Quali sono gli impatti legati alla presenza di questi molluschi sulle altre specie e sull’ecosistema acquatico?
Ogni specie alloctona ha una sua storia e vie diverse d’introduzione. Limitandoci alle specie d’acqua dolce, alcune sono state introdotte accidentalmente con rilasci di specie ittiche. È questo il caso del grosso bivalve Sinanodonta woodiana (Lea, 1834) che fu introdotta dal bacino del fiume Amour (Cina) assieme alla carpa erbivora Ctenopharyngodon della Valenciennes, 1844, grosso pesce molto apprezzato per la pesca sportiva.
Invece per gli ultimi, non graditi, arrivi, Sinotaia quadrata e Corbicula spp. il rilascio, che io definisco come introduzione culturale, è di diverso tipo. A Prato risiede una comunità asiatica che, in Italia, è seconda solo a quella di Milano. È noto come le popolazioni cinesi siano molto attaccate alle loro tradizioni e che cerchino di esportarle nei nuovi insediamenti. Questa necessità culturale si estende anche agli usi alimentari ed è per questo che amano introdurre, nei paesi dove si insediano, anche quelle specie animali e vegetali del paese di origine.
Sia S. quadrata che C. fluminea, specie native della Cina, sono largamente utilizzate nella cucina tradizionale ed è per questo motivo che molto probabilmente, sono state rilasciate volontariamente nel reticolo idrografico pratese, per avviare un allevamento seminaturale a cui attingere esemplari per l’alimentazione. (nell’immagine a fianco una foto tratta dalla comunicazione prodotta dal Comune di Montelupo Fiorentino (FI) nell’agosto 2019 che ritrae una cassetta con diversi chili di Sinotaia prelevati in Arno in località Camaioni).
Questa pratica è già stata dimostrata per l’introduzione di Corbicula negli Stati Uniti (Britton & Morton, 1979; Fox, 1971; Counts, 1981) e a Prato è stato ormai accertato come normalmente Sinotaia venga raccolta nei fiumi Bisenzio e Ombrone ed anche, pericolosamente, venduta nelle pescherie cinesi. Gli impatti possono essere molteplici: ecologici, sanitari, ambientali. Le specie come Sinotaia quadrata possono rappresentare un serio rischio per specie autoctone come per esempio Viviparus contectus (Millet, 1813), gasteropode presente nella lista rossa delle specie toscane, che nelle aree umide relitte dove è ancora presente potrebbe subire pericolosi fenomeni di competizione.
Inoltre, sia S. quadrata che Corbicula spp., se utilizzate per l’alimentazione, possono costituire un rischio per la salute umana. Per Sinotaia è già stata dimostrata una quantità di Escherichia colimolto elevata e, come Corbicula spp., essendo organismi filtratori possono accumulare metalli pesanti e altre sostanze chimiche dannose per la salute umana.
Corbicula essendo una specie invasiva di successo, può riprodursi con popolazioni formate da centinaia di migliaia di individui che incidono anche sulla natura dell’habitat, trasformando un habitat bentonico incoerente in un fondo solido con conseguenze disastrose sulla fauna bentonica.
Esiste infine il rischio che, con l’introduzione di queste specie, ospiti intermedi nelle loro aree di origine di organismi patogeni, possano diffondersi malattie pericolose per l’uomo.
Quali azioni possono essere messe in atto per contrastare/arrestare fenomeni di questo tipo?
Quando una specie alloctona di successo viene introdotta è assai difficile poterla eradicare. Ormai si è capito che la migliore forma alla lotta alle invasioni biologiche è quella della prevenzione. Avendo già classificato i maggiori fattori e veicoli di introduzione si dovrebbe attivare una rete di controlli supportati da una seria e specifica legislazione. Per quanto riguarda le introduzioni culturali, si dovrebbero sensibilizzare le comunità asiatiche informandole sui rischi legati a questa loro probabilmente inconsapevole ma disastrosa pratica. Di pari passo si dovrebbero fare maggiori controlli e inasprire le sanzioni per scoraggiare l’introduzione delle specie aliene.
Purtroppo i molluschi non sono il solo gruppo interessato da questo fenomeno, molte altri specie non indigene hanno già invaso le acque interne come per esempio, crostacei, pesci, ed anche piante e sono già incluse nelle black-list.
Essenziale, sempre nell’ambito della prevenzione e tempestività di intervento, è il ruolo delle istituzioni preposte ai controlli.
Nelle attività ARPAT, in particolare, le metodologie attualmente applicate dagli operatori impegnati nel biomonitoraggio dei fiumi non risultano direttamente mirate alla valutazione dell’impatto di specie aliene sullo stato ecologico dei corpi idrici, per cui dovranno essere progettate attività che, dopo apposita formazione e con il supporto di una rete di specialisti, consentano il rilevamento delle specie alloctone ed i loro impatti sui corpi idrici toscani.
Testo e intervista a cura di Leonardo Lapi