In Europa la protezione dall’esposizione ai campi elettromagnetici è affidata a una raccomandazione che recepisce il parere dell’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (Icnirp). Nel 2018 l’Icnirp ha pubblicato una bozza delle nuove linee guida, che derivano dall’analisi di studi epidemiologici e sperimentali. La normativa italiana è più restrittiva di quella internazionale. L’articolo in Ecoscienza 4/2019.
Alla fine del 2017 il governo italiano ha avviato la sperimentazione pre-commerciale della nuova tecnologia di telefonia mobile di quinta generazione (5G) in cinque città italiane (Milano, Matera, Bari, L’Aquila e Prato). In questo modo è stata data attuazione al “5G Action Plan” della Commissione europea, che considera questa tecnologia un’opportunità strategica per l’Europa. Una delle particolarità di questa nuova tecnologia è che permetterà non soltanto la fruizione dei servizi classici forniti attualmente dalla telefonia mobile, ma verrà applicata al cosiddetto Internet delle cose, in cui vari dispositivi wireless, in ambiente indoor, comunicano tra di loro e con i nuovi sistemi di comunicazione previsti per lo sviluppo delle smart cities. Questi due ultimi scenari rappresentano la piattaforma “chiave” su cui si testerà l’efficacia e la portata innovativa del 5G.
Saranno necessari ancora alcuni anni prima che questa tecnologia soppianti l’attuale generazione di telefonia mobile 4G-Lte, ma, certamente, il cambiamento è in atto e porterà a nuovi scenari di esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF). In Italia il 5G utilizzerà le bande di frequenza 694-790 MHz (di seguito citata come “banda 700 MHz”), 3,6-3,8 GHz e 26,5-27,5 GHz (di seguito citata come “banda 26 GHz”). Al momento le frequenze utilizzate per i servizi di telefonia mobile (2G, 3G e 4G) ricadono, nel loro complesso, nell’intervallo 800 MHz – 2,6 GHz, con una parziale sovrapposizione, quindi, con la banda 700 MHz. Per le nuove applicazioni le frequenze più utilizzate ricadranno nella banda 26 GHz, che, molte volte, vengono indicate impropriamente come onde millimetriche (corrispondenti, invece, alle frequenze appartenenti alla banda 30-300 GHz). A queste frequenze così elevate i campi elettromagnetici non riescono a propagarsi a lunga distanza, in quanto non riescono a penetrare gli edifici e vengono facilmente assorbiti dalla vegetazione o dalla pioggia.
Per fornire una copertura ottimale del segnale a RF, quindi, si dovranno utilizzare small cells (porzioni di territorio servite da una singola antenna). Le dimensioni di queste celle (qualche decina di metri in ambiente indoor e qualche centinaio di metri in ambienti outdoor) sono molto inferiori rispetto a quelle servite dalle classiche macrocelle (fino a qualche decina di chilometri) attualmente presenti sul territorio.
Di conseguenza, il numero di antenne aumenterà progressivamente, anche se, vista la piccola dimensione delle celle, le loro potenze di emissione saranno notevolmente inferiori rispetto a quelle delle attuali stazioni radiobase, con picchi di emissione più bassi in prossimità delle antenne stesse.
In Europa la protezione della popolazione dall’esposizione ai campi elettromagnetici è affidata alla Raccomandazione del Consiglio europeo del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz (1999/519/CE) [1]. In questa Raccomandazione, il Consiglio europeo stabilisce i requisiti minimi a cui gli stati membri devono attenersi per “…proteggere i singoli cittadini dagli effetti negativi certi sulla salute, che possono derivare dall’esposizione ai campi elettromagnetici”. Gli unici effetti negativi certi sulla salute umana dei campi elettromagnetici a RF, accertati dalla ricerca scientifica, sono gli effetti termici a breve termine, dovuti a meccanismi di interazione tra i campi a RF e gli organismi biologici che sono stati ampiamente studiati nel corso degli anni. Per questo motivo il Consiglio europeo ha adottato in toto il parere dell’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (Icnirp) del 1998 [2]. Questo organismo internazionale di esperti ha eseguito un attento esame della letteratura scientifica che ha riguardato non solo gli effetti termici relativi alle RF, ma anche altri possibili effetti sia a breve che a lungo termine, in base al quale ha concluso che gli effetti termici sono gli unici effetti accertati, per prevenire i quali è possibile stabilire un sistema di protezione basato su restrizioni di base (grandezze dosimetriche) e livelli di riferimento (grandezze misurabili in ambiente). In [1], comunque , si stabilisce che
“…il quadro dovrebbe essere riesaminato e rivalutato regolarmente alla luce delle nuove conoscenze e degli sviluppi nel settore tecnologico e nell’impiego di sorgenti e nelle utilizzazioni che danno luogo ad un’esposizione a campi elettromagnetici”.
Nel 2018 l’Icnirp ha pubblicato una bozza delle nuove linee guida per la limitazione dell’esposizione ai campi elettromagnetici nella banda di frequenza 100 kHz-300 GHz, ai fini di una consultazione pubblica, il cui esame porterà entro il 2019 alla pubblicazione ufficiale di nuove linee guida a RF [3]… Leggi l’articolo completo:
Autori: Rosanna Pinto1, Carmela Marino1,2
1. Enea
2. Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (Icnirp)
Note
[1] 1999/519/CE, Raccomandazione del Consiglio, del 12 luglio 1999, relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz.
[2] International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection, “Guidelines for limiting exposure to time-varying electric, magnetic, and electromagnetic fields (up to 300 GHz)”, Health Phys., 1998, Apr;74(4):494-522.
[3] www.icnirp.org