La qualità e la rappresentatività di ogni processo analitico è strettamente correlata alle modalità di prelievo dei campioni, fase estremamente complessa e delicata che condiziona tutte le operazioni successive e, non da ultimo, l’effettiva possibilità di utilizzo del dato finale nella valutazione di conformità del campione o nella sua inclusione in dati statistici di monitoraggio.
Nella stima globale dell’incertezza dei risultati è verosimile ipotizzare che il contributo del campionamento sia almeno 10 volte superiore a quello della sola fase analitica. Il prelievo di campioni di matrici ambientali presenta difficoltà spesso maggiori di quelle sperimentabili con matrici sanitarie come, ad esempio, gli alimenti. Ammettendo un’eterogeneità comparabile del materiale da prelevare il campione di alimento dovrà essere rappresentativo di un lotto o una partita, entità spesso molto ampie ma statiche. Il campionamento di matrici ambientali ha invece la finalità di rappresentare un fenomeno o una situazione in continua evoluzione e la definizione della strategia: il tipo di matrice (ad esempio acqua, terreno, biota) e il momento del prelievo (stagionalità, orario, condizioni climatiche) diventano un elemento determinante.
In relazione alla rappresentatività del campione non è semplice definire modalità univoche per ogni situazione ma l’adozione di procedure standardizzate e la registrazione accurata di tutte le informazioni rilevanti permettono di stimare ragionevolmente il valore statistico del dato ottenuto e, se possibile e opportuno, di riprodurre e confrontare gli esiti di misure indipendenti o successive.
Un aspetto sostanziale e più controllabile riguarda invece l’adozione di procedure adeguate a prelevare il campione in maniera tale che mantenga inalterate le proprie caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche fino al momento dell’analisi; in questo caso si può parlare di una fase pre-analitica che comprende la raccolta del campione, il trasporto e la conservazione. A seconda delle prove che verranno eseguite nei laboratori è necessario adottare specifiche precauzioni e accortezze, dai materiali utilizzati per il prelievo agli eventuali trattamenti in campo (filtrazione, acidificazione, stabilizzazione), al rispetto delle condizioni alle tempistiche corrette. Tutte queste operazioni sono parametrizzabili con grandezze, quali la purezza dei reagenti o l’incertezza dei misuratori di temperatura, più familiari ai laboratoristi. Non è possibile assicurare al 100% che alcuni analiti/microorganismi non si degradino o non aumentino, ma il rispetto di regole standardizzate permette verosimilmente una riproducibilità significativa degli esiti a parità di condizioni; al contrario, la registrazione puntuale di scostamenti rispetto alle modalità richieste faciliterà l’interpretazione di eventuali anomalie e, quando opportuno, la sospensione del giudizio sui risultati di parametri compromessi da tali scostamenti.
L’importanza di queste operazioni è palese poiché tutti i metodi più utilizzati in campo ambientale (EPA, APAT CNR IRSA, Standard Methods) riportano requisiti specifici per le diverse tipologie di analisi; in assenza di indicazioni è opportuno definire internamente tali procedure. L’indicazione sui rapporti di prova dei metodi utilizzati per le diverse determinazioni implica che il laboratorio si assicuri del rispetto delle regole previste anche nelle fasi precedenti all’inizio delle analisi.
A differenza dei piccoli laboratori privati, nelle agenzie ambientali gli operatori che eseguono il prelievo sono quasi sempre diversi da quelli che eseguiranno le analisi e spesso l’importanza di tali operazioni può essere sottovalutata rispetto alle innegabili difficoltà logistiche per la loro esecuzione in campo. È necessario pertanto condividere le differenti esperienze e sensibilizzare tutto il personale coinvolto cercando, se necessario, soluzioni alternative, ad esempio tramite studi di omogeneità e stabilità dei campioni in condizioni meno stringenti.
Sara Coluccia – coordinamento laboratori, Arpa Piemonte