La dichiarazione di un meteorologo svizzero, secondo il quale, visto che la temperatura sulla vetta della montagna, a 4478 metri, è arrivata al di sopra degli zero gradi centigradi, e che “La cima del Cervino è costituita da quella che viene chiamata ‘schistouille’, ovvero un cumulo di rocce unito dal permafrost, il terreno perennemente ghiacciato, Se il permafrost si scongela, le pietre cadranno”, ha diffuso preoccupazione in Valle d’Aosta.
Sul tema è intervenuto, attraverso una intervista rilasciata alla stampa locale, Umberto Morra di Cella, dell’area operativa effetti sul territorio dei cambiamenti climatici dell’Arpa Valle d’Aosta, che si occupa anche del monitoraggio del permafrost in aree morfologiche complesse.
«In tutte le montagne quando si verificano queste ondate di caldo e lo zero termico sale a 5000 metri aumentano le probabilità che accadano dei crolli. Il Cervino non è una cima particolarmente sensibile al fenomeno, anche se espone tutta la parete Sud, spoglia di neve e ghiaccio, agli effetti della radiazione solare e alla temperatura dell’aria. In caso di lunghi periodi di forte irraggiamento e alte temperature, il trasferimento del calore verso l’interno dell’ammasso roccioso favorisce la fusione del ghiaccio eventualmente presente nelle fessure e negli interstizi, ma non per questo è
più soggetta a crolli rispetto al versante svizzero».
In questi fenomeni la degradazione del permafrost può essere un fattore predisponente al crollo non la sola causa, anche se i dati raccolti hanno dimostrato una relazione fra numero e importanza dei crolli e andamento delle temperature.
«La relazione non è diretta: cioè se oggi fa molto caldo, domani non crollerà tutto, inoltre, non evidenzia l’esistenza di precise soglie di temperature raggiunte le quali si potrebbero verificare i crolli».
I primi dati sullo stato del permafrost del Cervino risalgono al 2003, dopo il crollo della Cheminée; dal 2006 speciali strumenti, inseriti in due fori profondi 10 metri nei pressi della Capanna Carrel, controllano e registrano tutte le variazioni di temperatura della montagna. I dati a oggi disponibili non indicano trend di riscaldamento significativi, le temperature registrate sul versante italiano sono coerenti con quelle
misurate sul versante svizzero del Cervino e con le altre misurate sulle principali vette delle Alpi.
«La profondità del permafrost arriva fino ai 4/5 metri sotto la superficie, durante questi periodi di forte irraggiamento e temperature molto calde nella parte superficiale (fino a 50/100 cm), soprattutto sulla parete Sud e nella zona sommitale del Cervino, la temperatura della roccia può salire anche al di sopra dello zero. Il segnale termico, cioè il calore che penetra nella roccia, si attenua con la profondità e manifesta un ritardo temporale; il caldo, cioè, raggiunge la massima profondità in media a fine ottobre».