Arpa Valle d’Aosta ha contribuito a realizzare il “Rapport Climat” di cui se ne propone una sintesi in anteprima. Il rapporto, che sarà pubblicato a breve, parte dall’analisi climatica degli ultimi anni per tracciare alcuni possibili scenari che riguardano anche la flora e la fauna montana.
Il lavoro è stato sviluppato nell’ambito del progetto Progetto Interreg Alcotra AdaPTMont-Blanc che ha l’obiettivo di integrare l’adattamento ai cambiamenti climatici negli strumenti di pianificazione dell’area dell’Espace Mont-Blanc.
A partire dalla fine del XIX secolo le Alpi si sono scaldate di circa +2°C, il doppio rispetto alla media globale. L’aumento di temperatura si è verificato soprattutto in primavera e in estate, ed è stato particolarmente intenso a partire dalla fine degli anni ‘80. Anche la frequenza di ondate di calore è aumentata in modo significativo nelle Alpi con un picco di intensità a partire dall’inizio degli anni 2000. Il rischio di gelate tardive in primavera è invece aumentato già a partire dagli anni’70 di circa il 30%. Al contrario dal punto di vista delle precipitazioni non è stata osservata nessuna tendenza significativa rispetto ai valori medi del XX secolo, eppure si possono distinguere alcune differenze regionali e stagionali: ad esempio si osserva una riduzione nelle precipitazioni invernali nel versante meridionale e un aumento nel versante settentrionale dell’arco alpino. Per quel che riguarda gli scenari futuri, nelle prossime decadi l’aumento delle temperature previsto nelle Alpi sarà tra +1 e +3 °C, da oggi a metà del XXI secolo, e sarà più intenso in estate.
L’incertezza dei modelli a proposito delleprecipitazioni resta invece molto grande. Ciononostante, ci si aspetta una riduzione delle precipitazioni estive dal 10 al 20% entro il 2050. L’associazione tra questa riduzione e l’aumento delle temperature porterà a sua volta ad un continuo ciclo di cause ed effetti, il quale avrà come conseguenza l’aumento della frequenza delle ondate di calore estive.
Ovviamentei cambiamenti previsti nelle temperature, precipitazioni ed eventi estremi avranno ripercussioni a livello degli ambienti naturali delle Alpi. Infatti, si osserverà una riduzione della durata della neve tra le 4 e 5 settimane e tra le 2 e 3 settimane rispettivamente al di sotto dei 2000 m e a 2500 m di quota. Il ritiro dei ghiacciai avverrà sempre più rapidamente e i glaciologi annunciano la scomparsa del 90% dei ghiacciai svizzeri entro la fine del XXI secolo. Il riscaldamento continuerà a degradare il permafrost sul massiccio del Monte Bianco con un aumento dell’instabilità dei versanti. In estate e autunno ci si attende un aumento dell’aridità dei suoli, mentre le portate dei corsi d’acqua saranno probabilmente più alte in inverno a causa dell’aumento delle precipitazioni sotto forma di pioggia, e, al contrario, minori in estate a causa della diminuzione generale delle precipitazioni. Flora e fauna migreranno verso quote sempre più alte per trovare condizioni climatiche favorevoli. Ci si può quindi aspettare una trasformazione dei paesaggi di alta montagna, verso ambienti progressivamente più rocciosi e vegetati. Alcune specie tipiche degli ambienti nivali, come per esempio la pernice bianca, rischiano addirittura di scomparire negli anni a venire. È probabile che il riscaldamento favorisca lo sviluppo di insetti parassiti come gli scolitidi, parassiti dell’abete rosso. Anche il ritmo stagionale delle specie sarà alterato, con un inizio sempre più precoce dei cicli biologici in primavera e una maggiore durata della stagione vegetativa alle alte quote.